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Pensare fuori dagli schemi

 Sono pochi quelli che pensano, o coloro che si sentono abbastanza liberi per pensare col proprio
cervello. Ahimè, quando si rinuncia alla possibilità di elaborare il proprio pensiero, si rinuncia alla
libertà stessa. Attualmente ci troviamo nell’epoca del cosiddetto pensiero unico o pensiero
dominante. 
Pertanto, oggigiorno i nostri pensieri, le idee e le scelte si sono impoveriti perché si
corre il rischio di parlare e agire senza riflettere. Perciò abbiamo bisogno del coraggio, di osare e
pensare “fuori dagli schemi”, ossia di avere la capacità di uscire dai luoghi comuni. Tutto questo
discorso vale anche all’interno della Chiesa, quando dobbiamo fare le nostre scelte pastorali.
 
Quando medito sul dialogo intercorso tra Gesù e Pilato, e in particolare quando Gesù dice che il suo
regno non è di questo mondo, mi viene da pensare che Gesù stava provocando Pilato per uscire
dagli schemi nel suo modo di porsi come uomo di governo e di non scimmiottare altri “re”. Gesù
stava indicando a Pilato un modo diverso per costruire la società. Quando Gesù afferma che il suo
regno non è di qua, intende anche dire che Egli ha una visione diversa, dei criteri e degli
atteggiamenti diversi dai nostri per organizzare il regno. Certamente l’atteggiamento di Gesù in quel
momento del suo processo ha disarmato Pilato! Dinanzi agli insulti, e all’ingiustizia, Gesù sceglie di
rimanere sereno, mansueto e pacifico, non controbatte ma perdona e ama.
 
Immagino che quest’atteggiamento non violento scombussoli tutti gli schemi, e non solo quelli di
Pilato, ma anche i nostri, abituati come siamo a seguire il principio “occhio per occhio, dente per
dente”! Questo è il nuovo atteggiamento che Gesù ci propone per rispondere a qualsiasi sorta di
violenza: fisica, psicologica, economica, politica, razziale e religiosa. Il regno di Gesù si distingue
dagli altri regni terreni nei criteri per accogliere i suoi “cittadini”. Mentre la nostra società preferisce
i cittadini “perfetti” e “forti”, Gesù spalanca la porta per tutti, ma predilige quelli che sono
imperfetti, vulnerabili e poveri. 
 
Anche se non lo diciamo espressamente, rimaniamo tuttora una
società elitaria e c’è chi vuole alzare i muri che separano una classe dall’altra. La comunità cristiana
non è immune da questo peccato. Rimaniamo scandalizzati quando la Chiesa ci chiama ad aiutare
coloro che sono meno perfetti per accompagnarli e integrarli nella comunità. Ci sono tra di noi
quelli che pensano ancora alla comunità ecclesiale come a una comunità dei perfetti e non come a
un “ospedale da campo” ; 
 
per costoro non c’è spazio per i peccatori, particolarmente per il
peccatore che si trova in un processo di conversione. Di fronte a un tale ragionamento, sento Gesù
che ci dice: “La mia Chiesa non è di questo mondo... la mia Chiesa è diversa da quella di questo
mondo”. Se la giustizia è il perno sul quale appoggia il regno di Pilato, per Gesù il cardine del regno
deve essere la misericordia. Fermo restando che la giustizia è un metro necessario per la società,
tuttavia l’esperienza ci mostra che la giustizia da sola non riesce a portare l’ordine e la pace.
 
 
La giustizia di cui parla Cristo ha un altro nome: si chiama misericordia. Non mi meraviglia il fatto
che alcuni nella Chiesa abbiano inciampato quando il recente Sinodo dei vescovi ha proposto di
aprire le sorgenti della divina misericordia per quei cristiani che hanno vacillato nella vita
matrimoniale e adesso, assetati di Cristo, desiderano essere accolti come membri a pieno titolo nella
comunità ecclesiale. Alcuni, quando si riferiscono alla giustizia di Dio, ritengono che Dio pensi
come noi esseri umani e che la Sua giustizia sia uguale alla nostra. Quando ragioniamo così,
“giudichiamo” Dio perché vogliamo che Egli “pensi” come noi e “punisca” il peccatore. Anche qui
dobbiamo pensare fuori dagli schemi! Quando fissiamo il nostro sguardo sul Crocifisso, ci
accorgiamo che Gesù appeso sulla Croce, mosso dalla misericordia, ha fatto giustizia donando la
sua vita per tutti gli uomini e redimerci. 
 
Dunque, per Dio la giustizia ha un altro nome:misericordia. 
 
Ogni volta che nel Padre Nostro preghiamo che venga in mezzo a noi il Regno di Dio,
noi preghiamo affinché la nostra società diventi più umana. Ciò succede se, illuminati dal modo di
pensare di Gesù, diamo il nostro contributo per aiutare il processo di cambiamento così che il regno
di questo mondo si avvinci al regno proposto da Gesù.
 
di Mario Grech, vescovo di Gozo (Malta)
rassegna stampa - missioneoggi.saverianibrescia.it - del gennaio 2016


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