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- NAPOLI:Una alternativa per i minori a rischio

Una alternativa ad una fiction ( Gomorra) non biblica 
 
 "Una fiction non biblica 
 
Mentre la Bibbia spinge la rappresentazione del bene e del male al punto di eliminare le zone grigie perché appaiano solo il bianco e il nero, alcune delle recenti fiction televisive e cinematografiche vanno ancora più in là: sono monocolore, compiono un processo al limite, che dovrebbe condurre a una presa di coscienza. I personaggi messi in scena, infatti, sono tutti malvagi e l’unica differenza è fra il più forte e il più debole. Ma tale operazione raggiunge l’obiettivo di suscitare indignazione e desiderio di legalità e giustizia? 
 
È la differenza del finale il punto discriminante fra i due tipi di narrazione: nella Bibbia Dio distrugge il male irredimibile e lascia in vita un piccolo resto per edificare un mondo nuovo; nelle sceneggiature più recenti, invece, non c’è limite alla malvagità, l’eroe è chi sopravvive affermandosi nella sua capacità di perpetuare i crimini e questo è funzionale alla prosecuzione della serie e di quel modo di rappresentare il mondo. 
 
Così, mentre le città bibliche fungono da termine di paragone per quelle reali, in cui si presume ci siano ancora dei giusti a tenerle in vita, nella fiction scompare il riferimento alla realtà, nonostante l’intenzione di restituirla in tutta la sua crudezza, proprio perché si tratta di una rappresentazione monocolore. L’operazione si risolve nell’ipertrofia del livello estetico, che fagocita quello etico, secondo una tipica tendenza del nostro tempo (cosiddetto) postmoderno. Lo sfondo ideologico degli autori biblici è invece fondamentalmente etico, di solito basato sulla teoria della retribuzione, per cui il giusto è premiato e il malvagio punito. Ma nel caso di Sodoma e Gomorra si va oltre questo semplice schema, affermando che sarebbero sufficienti pochi giusti per salvare tutti e così prospettando una forma più sofisticata di giustizia che scaturisce dal dialogo fra Dio e l’uomo giusto, Abramo. La distruzione delle città è solo l’extrema ratio, necessario preludio al ristabilimento della giustizia (cfr Brueggemann W., Genesi, Claudiana, Torino 2002, 206-212). La fiction contemporanea, invece, riduce la complessità del reale quando presenta la violenza come unica via di soluzione dei conflitti, resa accettabile agli occhi dello spettatore perché i malavitosi si uccidono fra loro. Così finisce per rafforzare l’idea che non ci sia niente da fare e la denuncia si traduce nella militarizzazione del territorio, una pioggia di fuoco e zolfo che fa solo spostare le attività criminali in altri luoghi meno controllati. 
 
Alla fine i più danneggiati sono gli abitanti dei quartieri e delle città segnate dalla malavita organizzata: quelli di “Gomorra” diventano “i camorristi”, come quelli di Sodoma sono diventati “i sodomiti” per una lettura parziale dei testi biblici. Rispetto a tale esposizione mediatica «i residenti non hanno alcuna presa […], anche se vi sono continuamente messi in scena, sprovvisti di alcuna conoscenza critica circa la loro situazione: visibili solamente nei corpi “sporchi” dei loro bambini in mezzo alle immondizie, nelle donne in pigiama in pieno giorno, nei volti delle foto segnaletiche della cronaca nera, nei ritratti esotici delle loro attività informali. La loro ipervisibilità mediatica va di pari passo con il loro anonimato e il loro silenzio, desingolarizzati, privati di ogni iniziativa personale che non sia quella dei comportamenti violenti» (cfr Fava F., Lo Zen di Palermo. Antropologia dell’esclusione, FrancoAngeli, Milano 2008, 336). 
 
Anche lo spettatore rischia di rimanere irretito dalla rappresentazione. Nella Bibbia, infatti, la narrazione spinge alla riflessione e alla presa di coscienza etica: Abramo interroga Dio e discute con lui i criteri di giustizia; i profeti e il popolo si confrontano richiamando alla memoria Sodoma e Gomorra. Nella fiction odierna con chi dialoga lo spettatore? L’unico interlocutore è il criminale e il registro della comunicazione è estetico, quindi chi guarda è sollecitato sul piano emotivo: può sentirsi buono perché odia il malvagio e gode nel vederne la fine, ritenendosi per questo al sicuro; oppure può ammirare quegli uomini spietati e non si accorgerà di avere i loro stessi sentimenti violenti. Ecco perché nella fiction biblica la moglie di Lot diventa una statua di sale: neanche il voyeur ha scampo".
 
 
Spunti di una riflessione di  Giuseppe TROTTA
www.aggiornamentisociali.it
 



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