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- POLITICHE SOCIALI:Manifesto fallimento del sindaco e dell'assessore D'Angelo -- di Giacomo Di Gennaro Prof. Università Napoli Federico II

POLITICHE SOCIALI A NAPOLI : Manifesto fallimento del sindaco e dell'assessore D'Angelo---
di Giacomo Di Gennaro  Prof. Università Napoli Federico II presso University of Naples Federico II

La gravità della situazione in cui versa a Napoli l'organizzazione del welfare locale è tale che l'unico atto di coerenza
accettabile è una
 
una dichiarazione del sindaco e dell'assessore D'Angelo
di manifesto fallimento
 
non solo di ogni tentativo di
riformare la spesa sociale a Napoli ma anche di ogni tentativo di innovarne contenuti e modalità attuative.
Il profondo disagio in cui versano gli istituti afferenti all'Uneba determinato dall'impossibilità allo stato attuale di progettare la sostenibilità dei vecchi servizi e la configurazione di nuove attività è solo la punta  di un icesberg inglorioso determinato dagli effetti negativi e perniciosi connessi alle scelte dell'amministrazione comunale compiute in quest ultimi anni (sebbene non tutte imputabili a questa amministrazione).
 
I ritardi con i quali ad ogni scadenza triennale si mette mano alla nuova programmazione dei Piani di zona è solo il più elementare degli esempi che potrebbero essere richiamati.
Non vi è, poi, nessuna attuazione di una ben che minima programmazione realizzata in base a esigenze prioritarie, a categorie più deboli o bisogni indifferibili.
Restano vincolate alle voci di spesa sociale modalità di esternalizzazione di servizi che hanno molto il sapore di consenso elettorale piuttosto che riconoscimento di una efficacia delle prestazioni (vd. il caso di Napoli sociale).
Alcuna valutazione delle prestazioni da parte dell'arcipelago del non profit e del terzo settore è stata mai a tutt'oggi realizzata per stabilire chi merita di operare nel sociale e chi deve adeguatamente prima attrezzarsi per poi offrire servizi, progettare azioni, modulare interventi.
L'attenzione all'utenza è ancora vissuta e soddisfatta come attenzione al clientes piuttosto che alla persona che esige aiuto.
Resta ancora in alto mare, se non per casi specifici e fondati sulle motivazioni dei singoli, l'integrazione fra il sanitario e il sociale.
Il principio di sussidiarietà tanto decantato e amplificato da tutti e in tutte le sedi della sfera pubblica non solo non si è ancora affermato ma è ostacolato da una persistente logica autoreferenziale dell'amministrazione che si esprime in una modalità relazionale con il mondo del non profit governata dal principio che gli attori non istituzionali che operano nelle professioni sociali, nel servizio sociale e nelle attività di care non innalzano l'efficienza amministrativa.
 
E' indubbio che lo stato di frustrazione cumulatosi in questi anni dall'interno degli stessi operatori sociali istituzionalmente orientati e tra quanti nel sociale vi operano in ruoli e forme organizzate diverse è tale da non solo giustificare il pessimismo operativo ma da legittimare la ribellione che dal basso risale.
La miopia dell'amministrazione è su questo punto esilarante se non fosse che stiamo parlando di persone che necessitano di aiuto;
di organizzazioni che hanno investito risorse, tempo, denaro, impegno nella produttività di servizi e interventi su nodi critici vitali per l'equilibrio locale.
E' per queste ragioni che non solo condivido l'ennesima mobilitazione di protesta contro l'immobilismo dell'attuale amministrazione, ma partecipo a tale appuntamento con uno spirito di solidarietà piena non solo verso chi si preoccupa di chi spesso esce fuori dalla gamma di ogni minimo intervento,
ma con chi condivide una modalità di pensare all'intervento sociale, all'organizzazione dei servizi sul territorio e alle professioni sociali con un'attenzione tale e una prassi innovativa che non disdegna l'autovalutazione del proprio rendimento.
 



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