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il confessionale
La scelta di Nichi. L\'etica e la bioetica di Claudia Mancina

 La notizia della nascita di un figlio di Vendola e del suo compagno tramite maternità surrogata sta
sconvolgendo l’Italia. Da Famiglia cristiana che lo accusa di avere tradito la sinistra, a Grillo che
parla di diritti low cost, in tanti si indignano, mentre i 5 stelle si spostano un po’ più a destra, dove
sono, secondo i sondaggi, i voti disponibili, e tentano di scippare al Foglio l’idea di un referendum.
 
Grande imbarazzo nel mondo della sinistra-sinistra, quella di Vendola, che si trova ad esser difeso
da molti/e che non hanno mai avuto simpatia politica per le sue posizioni. Ma questi temi -
dovremmo ormai averlo imparato - eccedono la tradizionale divisione tra destra e sinistra: sono anzi
proprio tra quelli che la fanno saltare.
 
È di sinistra adottare un bambino abbandonato piuttosto che desiderare un figlio biologico? Ma i
gay non sono ammessi all’adozione nel nostro paese: per questo alcuni di loro si rivolgono alla
maternità surrogata all’estero. 
Metodo di nascita che suscita certamente molte perplessità, ma non
può essere semplicemente identificato con lo sfruttamento di donne disperate, visto che è legale e
regolato in modo da proteggere la donna in alcuni paesi indubbiamente civili, come gli Stati uniti,
il Canada e, in forme ancora più restrittive, il Regno unito.
 
Le perplessità più serie che si rivolgono alla maternità surrogata non sono quelle relative al pericolo
di sfruttamento, ma quelle che derivano dalla consapevolezza, ormai sostenuta anche dalle
neuroscienze, che la formazione del nuovo nato non dipende soltanto da fattori genetici ma anche
dalla sua interazione con l’ambiente della gravidanza, e dunque col corpo e la mente della donna
che lo accoglie. 
 
La domanda a cui nessuno di noi oggi può rispondere con piena tranquillità è se le
perplessità siano tali da giustificare il totale rifiuto di questa pratica. Un’altra domanda è se i
bambini nati in questo modo potranno avere conseguenze negative. Anche a questo è difficile
rispondere, se non avanzando la considerazione che conosciamo altri casi in cui le conseguenze
negative sono indubbie: bambini che nascono orfani, figli di genitori alcolizzati o drogati, o di
genitori crudeli o irresponsabili, o con conflittualità altissima tra di loro, ecc. Non abbiamo mai
pensato tuttavia di proteggere questi bambini dalle conseguenze impedendone la nascita. Un po’
perché mettere al mondo un figlio attiene alla sfera più intima pensabile dell’essere umano; un po’
perché, in fondo, pensiamo che nascere sia comunque meglio di non nascere. Ma nel caso di nascite
artificiali questo favore della nascita viene meno: perché?
 
E qui la domanda è: è di sinistra essere contro la tecnica, o temere l’intrusione della tecnica nella
nostra vita? Penso che sia di sinistra, se mai, sviluppare gli aspetti umanistici e positivi della tecnica
regolandone le forme e garantendo la libertà di tutte le persone coinvolte. Non è facile? Non lo è
mai stato, non lo sarà mai.
 
Ma non serve l’indignazione, lo scandalo; non servono gli anatemi e le facili certezze, né in un
senso né nell’altro.
Servirebbe una discussione approfondita, che tenga conto del dibattito bioetico che si svolge su
questo tema da trent’anni; che tenga conto anche dei dati e delle esperienze.
 
La maternità surrogata non è nata oggi e non è nata per le coppie gay. Esiste da alcuni decenni
ed è stata utilizzata in larghissima maggioranza da coppie eterosessuali. Riverberare la sua
ombra sull’adozione coparentale tra omosessuali è un errore quando non una palese e feroce
ingiustizia.
 
Affrontiamo dunque seriamente un dibattito culturale su questo tema e più in generale sul tema
della genitorialità. Evitando comunque di demonizzare il desiderio di maternità e paternità, quel
desiderio senza il quale la specie umana, con la sua cultura e i suoi valori, con tutta la sua ricchezza
spirituale, non potrebbe che finire nel nulla.
 
 
rassegna stampa - l'Unità del 2 marzo 2016


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