Susanna Tamaro: «Napoli ci insegna cos’è la modernità»

Gennaio 30, 2011 by admin · Comment
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di Valeria Chianese
rassegna stampa-
avvenire-

La forza di Susanna Tamaro è nelle parole, riflesso quasi tangibile dell’intelligenza di donna e di acuta osservatrice dell’animo umano e del mondo quale è, e si sente, si potrebbe dire, a pelle, come in un circuito elettrico che smuove pensieri ed emozioni, e si contrappone alla naturale ritrosia di persona schiva, che preferisce agire. Lo dimostrano non solo i suoi libri, ma la Fondazione, creata per realizzare progetti a favore dei più deboli, e l’impegno per i temi ecologici ed ambientali.

L’autrice di «Va’ dove ti porta il cuore», il suo lavoro più noto, sarà a Napoli lunedì mattina, all’Università degli Studi Suor Orsola Benincasa, per ricevere il premio «Napoli, Città di pace». Susanna Tamaro confessa di essere «contenta» pur non avendo «mai inseguito le glorie mondane – precisa –. Ma fa anche piacere che venga riconosciuta la coerenza di lavoro». Tra romanzi, narrativa per ragazzi, saggi, la Tamaro dal 1989, anno di La testa tra le nuvole, ha pubblicato diciotto libri ed è tradotta in 48 lingue.
Lo scorso ottobre è uscita la nuova edizione, la prima è del 1994, de Il cerchio magico (Giunti Junior) con le illustrazioni di Adriano Gon. Un romanzo per ragazzi, e non solo, di strepitosa attualità, scritto «contro ogni stupidità umana, capace di imporre l’ignoranza, l’indifferenza e il colpevole abbandono della natura».

Sorridente e vivace, ma su certi argomenti non nasconde di essere arrabbiata, la scrittrice si lascia andare volentieri a riflessioni sul complicato presente dell’umanità, preludio di un futuro non del tutto decifrabile.
E riconosce il valore profetico di Napoli, avanguardia di quello che sarà ovunque: «Siamo tutti futuri napoletani» dice.

«Napoli, Città di pace» è il premio che riceverà, ma cos’è la pace, com’è la pace, come può essere la pace in una città come Napoli o in qualsiasi altra metropoli?
«Le città sono fatte di individui. La pace è perciò qualcosa che è dentro noi stessi.
Ciascuno ha fatto,
fa, un percorso interiore, che conduce ad un traguardo anche al di fuori di se stessi. La pace quindi non è straniarsi dalla realtà, è invece guardarla con gli occhi di un uomo giusto, onesto. Sguardo amorevole perché l’amore è più forte della negatività.
Mi rendo conto che sono valori un po’ demodè oggi, eppure sono gli unici che consentono di vivere nella pace in ogni città del mondo».

La crisi dei rifiuti a Napoli e in Campania è da anni al centro di attenzioni e di polemiche e sembra essere irrisolvibile, segnale di una più ampia emergenza ambientale.
«È un grave problema, certo. Però quella spazzatura è soprattutto una metafora della modernità: quello che abbiamo dentro è là fuori. Non coltiviamo giardini perché in noi non c’è più pace, non c’è più bellezza.
La spazzatura è lo specchio di una cultura che consuma, di una cultura crudele, agitata, cinica che produce spazzatura interiore, che si trasforma in tonnellate di spazzatura reale.
La spazzatura l’abbiamo innanzitutto dentro di noi ed è dentro di noi che dovremmo fare pulizia. Dove si semina bellezza nasce qualcosa ed è triste che oggi non si abbia bisogno dell’arte e del potere sanificante della cultura».

Lei è stata regista prima che scrittrice, che considerazione ha della televisione?
«La televisione ha fatto danni enormi, ha distrutto la sanità mentale di un popolo e la stessa società educante. I genitori sono tali per caso, tutto è regolato dalla provvisorietà e in questa organizzazione subentrano i media: la televisione sempre accesa, l’uso incontrollato del computer.
Penso all’infanzia, una volta tutelata e ora sottoposta non alla cultura del ’900, ma ad una cultura primitiva, esposta di continuo alla violenza e alla stimolazione sessuale.
La televisione ha fatto danni pazzeschi nei bambini che in crescita hanno un sistema delicato e complesso e subiscono un bombardamento sensoriale così forte in ogni campo, anche per quello che mangiano.
È una bomba ad orologeria che ha scardinato tutte le basi e purtroppo non c’è la moviola, non si può tornare indietro. È un grande crimine che andrebbe riparato, ma come? È minoritario chi pensa che ci vorrebbe una grande unione di persone e di forze per sovvertire questo disordine».

La sua Fondazione si occupa appunto di donne e di bambini.
«È terribile! La condizione della donna oggi non è paragonabile neppure a quella negli anni ’50 tanto è stata retrocessa: chiusa in un recinto, in un modello agghiacciante proposto anche alle bambine, mandate in giro come piccole cocotte. Una situazione che mi fa rabbia ancora di più perché le armi per combattere sono poche e non si fanno parlare le voci contrarie».

Nel messaggio per la Giornata delle Comunicazioni sociali il Papa ha posto l’accento sui «tranelli» massmediali.
«Credo che l’intenzione sia di distruggere gli uomini alimentando una povertà interiore con la ferma volontà di abbassare il livello: continuare a rotolarsi tra i rifiuti perché è così che si mantiene il controllo del popolo e quindi il potere. La televisione o altro media ci fanno schiavi dell’audience e di quelli che pagano per la pubblicità, perseguendo un solo sogno: l’avvento totale dell’uomo consumatore. È un vuoto senza più radici».

Valeria Chianese

L’ALLARME DEI CATTOLICI: CON QUESTO FEDERALISMO NOI SEMPRE PIU’ POVERI

Ottobre 26, 2010 by admin · Comment
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Di Elena Scarici-rassegna stampa -
-FONTE- CORRIERE DEL MEZZOGIORNO - NA

I cattolici partenopei dicono no al federalismo fiscale perchè, sostengono, esso viaggia a due velocità, determinando una ulteriore spaccatura del Paese e un disastroso effetto: chi è povero sarà sempre più povero (il Sud) e chi è ricco sarà sempre più ricco (il Nord).
La posizione è espressa in un documento curato dalla Consulta del laicato cattolico della Diocesi e reso noto ieri sera nel corso del convegno sul tema:Caritas in veritate per un Paese solidale cui hanno partecipato il presidente della Consulta, Mario di Costanze, l’economista Stefano Zamagni, il vice presidente del Cnel (Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro) Giuseppe Acocella, il moderatore della Curia, don Gennaro Matino. Se è vero, sostengono i cattolici, che per effetto del federalismo, le regioni virtuose verranno premiate, è altrettanto sicuro che nelle altre lo scontro sociale aumenterà drammaticamente.
Tutto questo va evitato per il bene di tutto il Paese. L’Italia è la patria della welfare society dice il documento e solo una miopia culturale e politica ha identificato nello Stato il principale erogatore in settori chiave, quali l’istruzione e la sanit?. Il federalismo fiscale e l’articolazione del potere tra centro e periferia non attuano il principio di sussidiarietà, che invece andrebbe favorito.
Di qui la proposta di un nuovo welfare -cui il federalismo può essere uno strumento.
Napoli, in particolare, aggiungono i laici, potrà tentare il cambiamento passando dal welfare state (l’ente pubblico che in cambio delle tasse da assistenza dalla culla alla bara) alla welfare society (la società nel suo insieme che, con iniziative di valenza pubblica, offre ai cittadini le possibilità di adeguata assistenza).
Insomma i cattolici non ci stanno e sono pronti a dire la loro, consapevoli che è dovere di un buon cristiano la partecipazione alla vita politica. Le motivazioni le sintetizza Mario Di Costanze: è un problema di responsabilità, di fronte all’illegalità diffusa che protegge i furbi e penalizza i deboli e all’evasione scolastica che condanna i bambini alla marginalità sociale, il nostro silenzio sarebbe una colpevole omissione.
Anche il cardinale Sepe ha espresso parole di incoraggiamento per il lavoro della Consulta augurando di individuare strade percorribili per superare lo stato di crisi senza fermarsi alla lamentazione e al vittimismo ma impegnandosi in modo deciso e coraggioso.

BARZELLETTA DEL PREMIER CON INSOPPORTABILE BESTEMMIA

Ottobre 2, 2010 by admin · Comment
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rassegna stampa -
fonte
Avvenire-
Un più alto dovere di sobrietà e di rispetto

C i mancava solo la bestemmia dentro la barzelletta del presidente. Un video – puntuale come una maledizione – ce l’ha servita via internet, mentre un altro video – sempre tramite web – ci ha proposto un Silvio Berlusconi che giochicchia con consunti stereotipi sugli ebrei.

Tutto questo ieri, all’indomani della riconfermata fiducia al governo e delle parole pesate e pesanti che il presidente del Consiglio dei ministri aveva pronunciato nelle aule di Camera e Senato, tra l’altro sottolineando la sua ben nota amicizia per Israele e riaffermando l’impegno dell’esecutivo a sviluppare una politica responsabile ed eticamente attenta su tematiche delicatissime, care anche e soprattutto al mondo cattolico.

Si potrebbe ragionare all’infinito sullo strano timer che governa il ‘rilascio’ mediatico – come se si trattasse di mangime per pesci o polli – di battute e gaffe «private» (o semi-pubbliche) del premier. E non sarebbe un ragio­nare strano o inutile.
Ma il problema principale stavolta non è il timer. Il problema è il deposito di battute e gaffe (vere o presunte).
Il problema è che dal deposito sia affiorata anche un’insopportabile bestemmia (anche se vecchia di mesi e mesi non è, pur­troppo, meno tale). C’è una cultura della battuta a ogni costo che ha pre­so piede e fa brutta la nostra politica.
E su questo tanti dovrebbero tornare a riflettere. E farebbero bene a pen­sarci su davvero anche coloro che be­stemmie di vario tipo e barzellette mediocri (tristemente dilaganti tra pseudo-satira e pseudo-cultura) non le sopportano solo quando spuntano sulla bocca di un avversario, meglio se di Silvio Berlusconi.
Ma su ogni uo­mo delle istituzioni, su ogni ministro e a maggior ragione sul capo del go­verno grava, inesorabile, un più alto dovere di sobrietà e di rispetto.

Per ciò che si rappresenta, per i senti­menti dei cittadini
e per Colui che non va nominato invano. (mt)

Peccato che il gesto della Mussolini sia solitario e non venga seguito da altri politici. Perché non lo fanno anche Bassolino e la Iervolino?»,

Giugno 1, 2010 by admin · Comment
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8mila euro a tre semi-convitti dell’Uneba a rischio chiusura

Alessandra Mussolini prosegue il suo impegno, personale oltre che politico, nella drammatica situazione delle comunità per minori che a Napoli rischiano di chiudere a causa del mancato pagamento delle rette da parte del comune.
Ieri la presidente della Bicamerale Infanzia ha donato 8mila euro a tre istituti che assistono i minori a rischio della città: il don Guanella di Scampia, il cardinale Corrado Ursi di Forcella e un centro laico, tutte parte dell’Uneba.
La donazione rappresenta, per la Mussolini, la devoluzione della sua indennità di neoeletta consigliere regionale della Campania, ruolo incompatibile con la carica di parlamentare.
Si tratta di una boccata d’ossigeno per i semiconvitti, che come tutti gli altri rischiano la chiusura: l’amministrazione Iervolino è infatti loro debitrice di 20 milioni. «Peccato che il gesto della Mussolini sia solitario e non venga seguito da altri politici. Perché non lo fanno anche Bassolino e la Iervolino?», ha domandato Lucio Pirillo, presidente Uneba.
fonte
vita.it


http://www.youtube.com/watch?v=LVyM8i5mUAM

La religione del futuro per Hans Kung

Maggio 22, 2010 by admin · Comment
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di Filippo Gentiloni
rassegna stampa -
fonte il manifesto
In questi giorni anche da noi Hans Kung ha dominato il dibattito religioso: del suo ultimo libro «Ciò che credo» (Rizzoli) si è parlato un po’ dappertutto. Un fatto che già la dice lunga sulla situazione del cattolicesimo nel nostro paese.

Una situazione di forte presenza, ma anche di vivace discussione.
Kung è un credente convinto che però fra i teologi cattolici è uno dei più critici (gli può fare compagnia, fra gli altri, Raimon Panikkar).

I suoi attacchi alle posizioni vaticane non riguardano soltanto alcune questioni particolarmente discusse, come quelle che toccano il sesso, la salute, il sacerdozio.

La critica di Kung va più a fondo e riguarda soprattutto il rapporto fra il cattolicesimo e le altre posizioni religiose.
È in crisi soprattutto la pretesa cattolica di essere l’unica verità assoluta, relegando tutte le altre posizioni in una sorta di serie B.
«Sono e resto - afferma Kung - membro leale della mia Chiesa.
Credo in Dio e nel suo Cristo, non credo tuttavia ‘nella’ Chiesa.
Al suo interno rifiuto ogni tentativo di mettersi sullo stesso piano di Dio, ogni trionfalismo arrogante e ogni trionfalismo egoistico, resto aperto alla comunità della fede cristiana nella sua totalità, a tutte le Chiese».
Una posizione ecumenica, oggi largamente condivisa anche in campo cattolico.
E ancora: «Io non spero in una unità delle religioni o in un sincretismo di qualche tipo. Spero in una pace ecumenica fra le religioni mondiali. (…)
Io non rinuncio alla speranza. Questa è la mia visione: non c’è pace fra le nazioni senza la pace religiosa, non c’è pace religiosa senza dialogo fra le religioni».
E sul futuro: «Ha un futuro solo una religione che mostra il suo volto umano e benevolo, un volto invitante e non un viso dai tratti stravolti, che inducono disgusto». È questo il volto dell’odierno cattolicesimo? Il libro di Kung ci spinge a chiedercelo.

Uneba Napoli - Gli istituti potrebbero sospendere l’attività. Per colpa della politica.

Aprile 3, 2010 by admin · Comment
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“A seguito della situazione determinata dal mancato pagamento delle rette ai centri dei semiconvitti, sono preoccupato che gli Istituti possono sospendere le attività dopo le vacanze pasquali non potendo più garantire l’assistenza ai minori della citta di Napoli”.

E’ quanto ha dichiarato all’Ansa il presidente dell’Uneba della Campania Lucio Pirillo.

“Le responsabilità della sospensione sono da ricercare negli Enti preposti a vigilare perché sia rispettata la convenzione che gli Istituti hanno nel rispetto dei diritti e dei doveri da parte di tutti i sottoscrittori”, aggiunge Pirillo.

Diritti e doveri a cui invece sono venuti meno le controparti politiche, dal Comune che ha ritardato e saltato i pagamenti alla giunta regionale che ha erogato i fondi per gli istituti… in una delibera senza copertura finanziaria.

L’INDICAZIONE del presidente della Cei Ai cattolici.I vescovi: Il voto sia contro l’aborto

Marzo 27, 2010 by admin · Comment
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Rassegna Stampa — La Bonino: «SONO SOLITE COSE»-
- fonte -
corriere della sera.it
Bagnasco: «E’ un’ecatombe collettiva. La cittadinanza inquadri ogni singola verifica elettorale»

CITTÀ DEL VATICANO - La difesa della vita umana, innanzitutto dal «delitto incommensurabile» dell’aborto in tutte le sue forme, è uno dei valori «non negoziabili» in base al quale i cattolici devono votare nelle prossime regionali. È quanto ha indicato, in sintesi, il presidente della Cei, card. Angelo Bagnasco, aprendo i lavori del Consiglio episcopale permanente, il «parlamentino» dei vescovi italiani. La candidata del centrosinistra alle Regionali del Lazio, Emma Bonino, ha replicato che si tratta di «un evergreen. Non mi sembra ci sia nessuna novità, sono le solite cose».

VALORI NON NEGOZIABILI - I valori «non negoziabili», ha elencato l’arcivescovo di Genova, sono «la dignità della persona umana, incomprimibile rispetto a qualsiasi condizionamento; l’indisponibilità della vita, dal concepimento fino alla morte naturale; la libertà religiosa e la libertà educativa e scolastica; la famiglia fondata sul matrimonio fra un uomo e una donna». Su questo fondamento, ha spiegato, «si impiantano e vengono garantiti altri indispensabili valori come il diritto al lavoro e alla casa; la libertà di impresa finalizzata al bene comune; l’accoglienza verso gli immigrati, rispettosa delle leggi e volta a favorire l’integrazione; il rispetto del creato; la libertà dalla malavita, in particolare quella organizzata».

ABORTO, «ECATOMBE PROGRESSIVA» - Durissime le sue parole contro l’aborto, descritto come «un’ecatombe progressiva», che si vuole rendere «invisibile» attraverso l’uso di pillole da assumere in casa. «Che cosa ci vorrà ancora - si è chiesto il presidente della Cei - per prendere atto che senza il principio fondativo della dignità intangibile di ogni pur iniziale vita umana, ogni scivolamento diviene a portata di mano?» «In questo contesto, inevitabilmente denso di significati, sarà bene - ha subito proseguito - che la cittadinanza inquadri con molta attenzione ogni singola verifica elettorale, sia nazionale sia locale e quindi regionale». «L’evento del voto è - ha detto - un fatto qualitativamente importante che in nessun caso converrà trascurare».

SULLA PEDOFILIA: TRASPARENZA MA NO A DISCREDITO - Il cardinal Bagnasco ha poi affrontato il tema dei recenti scandali di pedofilia. La Chiesa ha imparato da Benedetto XVI a non tacere o coprire la verità, «anche quando è dolorosa e odiosa»; «questo però non significa subire, qualora ci fossero, strategie di discredito generalizzate» ha affermato il presidente della Cei, card. Angelo Bagnasco, nella relazione di apertura del Consiglio episcopale permanente, il «parlamentino» dei vescovi italiani. Il porporato ha anche espresso al Papa la «vicinanza» dell’episcopato italiano: «quanto più, da qualche parte, si tenta di sfiorare la sua limpida e amabile persona, tanto più il popolo di Dio a lui guarda commosso e fiero».

«NON SI METTA IN DISCUSSIONE IL CELIBATO» - «Nessun caso tragico» può oscurare «la bellezza» del ministero sacerdotale, ha detto il porporato. «Nè mettere in discussione il sacro celibato che ci scalda il cuore e ispira la vita», ha aggiunto. «Non sentitevi mai guardati con diffidenza o abbandonati, e - ha detto Bagnasco rivolgendosi agli uomini di Chiesa - non scoraggiatevi; siate sereni sapendo che le nostre comunità hanno fiducia in voi e vi affiancano con lo sguardo della fede e le esigenze dell’amore evangelico». Il sacerdote - ha scandito - non è «un disagiato, nè uno scompensato, benchè il clima culturale odierno non faciliti certo la crescita armonica di alcuno. Il sacerdote è un uomo che, non solo nel tempo del seminario, coltiva la propria umanità nel fuoco dell’amore di Gesù».

Riconoscere il male e non farsi incantare

Marzo 23, 2010 by admin · Comment
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rassegna stampa
Dalla parte dei piccoli e degli indifesi di Marco Tarquinio
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avvenire-
Lasciatevi riconciliare con Dio». Per otto volte, nell’articolata riflessione con cui ha aperto ieri i lavori del Consiglio permanente della Cei, il cardinal Angelo Bagnasco ripete – con le parole dell’apostolo Paolo – questo messaggio semplice e forte. Parla «a cuore aperto» alla Chiesa e al mondo secolare, in questa Italia nella quale comunità cristiana e comunità civile tendono ancora e sempre a coincidere pur in un tempo di spaesamento e di insidiosa divisione. E mostra come riconciliarsi con Dio sia riconciliarsi con la Verità, quella maiuscola che ispira, sprona e regge i singoli credenti e l’intera cattolicità e dalla quale provengono le briciole di verità – a volte apparentemente minuscole, ma mai insignificanti – che dobbiamo saper riconoscere e testimoniare nella realtà quotidiana. È quel che ci insegna Benedetto XVI con la forza di uno «speciale carisma della parola». È quel che «in nome di Cristo» ci tocca, qui e ora, per contribuire a convertire il mondo in una realtà più giusta e più buona, soprattutto con i piccoli e con gli indifesi.

Riconciliarsi con Dio e con la verità, oggi significa prima di ogni altra cosa fare i conti senza esitazioni con un male «aberrante» che ha insidiato e può ancora insidiare anche la Chiesa. Una Chiesa che nel servizio educativo alle giovani generazioni dispiega, da sempre e con rinnovato slancio in questa precisa stagione, la sua passione per l’umano e la sua preoccupazione per il bene comune. Il presidente della Conferenza episcopale italiana, in piena consonanza con il Papa, affronta perciò con severa lucidità il tema dei casi di «abusi sessuali compiuti su minori da ecclesiastici».

Ricorda la prontezza con la quale i vescovi italiani hanno fatto proprie «già da anni» le direttive della Santa Sede per vigilare, formare al sacerdozio e «fare giustizia nella verità». Registra la tragica diffusione del «fenomeno della pedofilia» in tanti e diversi ambienti delle società moderne (e la relativista, incredibile, tendenza a legittimarlo). E segnala una serena determinazione a non subire «strategie di discredito generalizzato». Trasparenza, pulizia, fermezza e fiducia nella dedizione a Dio e al bene dei sacerdoti italiani sono i cardini di una linea chiara. Fatta di totale «vicinanza» alle vittime e di un giudizio netto: quando di una simile colpa si macchia «una persona consacrata», la gravità morale è «ancora maggiore». E anche un solo caso è di «troppo».

Riconciliarsi con Dio e con la verità, significa al tempo stesso riconoscere che c’è un «delitto incommensurabile» che segna la nostra epoca. E da uomini e donne di coscienza i cristiani, come ogni persona retta, non possono distogliere lo sguardo dall’«ecatombe progressiva» dell’aborto. Tre milioni di vite spazzate via nel solo 2008 e nella sola vecchia Europa. Un’immane tragedia sociale che si vorrebbe ridurre, pillola dopo pillola, ad «alchimia domestica», continuando l’atroce inseguimento della «invisibilità» assoluta – addirittura etica – dei bambini non nati. In un tempo elettorale come quello che stiamo vivendo in Italia, con la chiamata alle urne per il governo di ben 13 Regioni, tutto questo guiderà giudizio e voto dei cristiani.

Sono, infatti, in lizza candidati protagonisti di un’ostentata militanza abortista – il nome e la storia di Emma Bonino sono un sinonimo di tale drammatica scelta – e autori di programmi segnati da ambiguità e ostilità oggettive ai «valori non negoziabili», quelli cioè sui quali un cattolico non dovrebbe mai fare mercato con chicchessia e di fronte ad alcuna seduzione di potere. Il cardinale Bagnasco, anche qui in richiamata e piena consonanza con Papa Benedetto, sottolinea ancora una volta questi valori cardine: la vita umana dal concepimento alla morte naturale, la famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna, la libertà religiosa ed educativa. Ce li offre, frutto di una concezione per la quale la dignità della persona umana è «incomprimibile», come bussola essenziale. Rammentandoci che rappresentano il fondamento di un «complesso indivisibile di beni»: dalla “libertà dalla malavita organizzata” al diritto al lavoro, dall’integrazione degli immigrati al rispetto per il creato.

Riconciliarsi con Dio e con la verità, significa – insomma – impegnarsi per recuperare il senso del fare società. E del fare politica. Il presidente della Cei ce lo conferma, ricordando a noi tutti che l’«imperativo dell’onestà» non consente alibi e non conosce eccezioni. Il suo è un richiamo concretissimo al «non rubare» (e chi sottrae qualcosa ai beni pubblici «ruba di più», dice il cardinale), ma è contemporaneamente un richiamo alla nostra intelligenza e alla nostra libertà di cristiani e di cittadini. Chi è davvero onesto sa riconoscere il male, e non se ne fa incantare.

IL PD E IL PROGRESSIVO DISTACCO DEGLI ESPONENTI CATTOLICI

Febbraio 16, 2010 by admin · Comment
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rassegna stampa
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avvenire del 16 febbraio 2010
La strana sufficienza del «partito del secolo»
di SERGIO SOAVE
L a sofferta decisione di Paola Binetti di lasciare il Partito democratico per aderire all’Udc ha suscitato freddi commenti burocratici nel vertice e un irrefrenabile moto di soddisfazione nei settori più laicisti di quel partito. Com’è noto Binetti aveva più volte chiesto che il carattere pluralistico e accogliente del Pd venisse effettivamente espresso nelle scelte politiche concrete, ma la sua richiesta è stata ignorata anche nel momento di massimo dissenso, quello originato dall’accodamento dei democratici all’autocandidatura della leader radicale Emma Bonino alla guida della regione Lazio.
Lo stillicidio di personalità di cultura cattolica che abbandonano il Pd ormai rappresenta un elemento permanente del nostro panorama politico, che ha nella scelta di Paola Binetti l’ultima – nel senso di più recente – conferma. Il fatto che questo fatto non venga considerato un problema ai piani alti del partito, con Pierluigi Bersani che, dopo aver espresso il suo dolore di circostanza, parla di nuove acquisizioni che faranno del suo, addirittura, «il partito del secolo», è piuttosto sorprendente.
Da quando è stato progettato nei congressi paralleli dei Ds e della Margherita, il Partito democratico ha già subito altri abbandoni o secessioni preventive. In quei casi, come la scissione promossa da Fabio Mussi e altri esponenti della sinistra dei Ds, nessuno espresse giubilo, nemmeno tra le file della Margherita. Al contrario, parve grave che nella fase di costruzione di un contenitore pluralista, come sono in sostanza tutti i grandi partiti occidentali, venisse meno una componente, per quanto collocata su posizioni piuttosto eccentriche rispetto all’asse riformista dato come fondamentale. Nei confronti, invece della secessione di esponenti moderati o cattolici, già più di una mezza dozzina solo tra i parlamentari, pare si riscontri, nel migliore dei casi, un disinteresse colmo di sufficienza. A questo si aggiunge un diffuso dileggio incomprensibile (o fin troppo comprensibile…) nei confronti dell’Opus Dei, ai funerali del cui fondatore avevano invece partecipato con rispetto e commozione esponenti della sinistra, dal leader storico Massimo D’Alema a Cesare Salvi, riferimento dell’area più legata al radicamento ’socialista’ dei Ds.
Quella che Binetti denuncia come «deriva zapaterista», anche se forse non coinvolge l’intero partito, si presenta come una tendenza rilevante e forse prevalente nel Partito democratico, che ovviamente non esclude gli apporti cattolici, ma rifiuta di fatto una loro pari dignità che può essere garantita solo dal limpido e pieno rispetto della libertà di coscienza nelle scelte che hanno un oggettivo rilievo etico.
C’è chi pensa che in questo modo si realizza un progetto strategico attribuito a Bersani, quello di lasciare fuori dal partito i settori moderati e cattolici, per poi recuperarli ‘dall’esterno’ con un’alleanza organica con l’Udc. Però è proprio sul terreno delle alleanze che si sono determinate le condizioni per l’abbandono di Binetti e di altri. Una tattica studiata a tavolino, che pensa di poter spostare le truppe come in un gioco di soldatini di piombo, trascura la soggettività delle scelte politiche, che è poi il connotato fondamentale della libertà in generale e dell’agibilità effettiva di una formazione che si autodefinisce come presidio fondamentale della democrazia.