….UN INUSUALE INCONTRO DI STUDIO di Domenico Pizzuti

Ottobre 1, 2009 by admin
Filed under: CHIESA E MEZZOGIORNO 

- IN PREPARAZIONE DEL CONVEGNO DELLE CHIESE MERIDIONALI A NAPOLI

In preparazione del Convegno Chiese nel Sud, Chiese del Sud. Nel futuro da credenti responsabili (Napoli 12-13 febbraio) (cfr. E. Scarici, Vertice a Napoli dei vescovi del Sud, in Corriere del Mezzogiorno, 10/02/09, pag. 5), un inusuale Incontro di studio presso l’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici –

promosso da questo Istituto, dall’Istituto di Studi e Ricerche Sociali, dal Portale Mondo Cattolico Napoli - ha raccolto un gruppo di docenti universitari di varie discipline (Proff. G: Di Gennaro, G. Laino, A. Milano, M. Musella e D. Pizzuti, M. Rusciano) ed esperti (V. Liberti, L. Pirillo) per un confronto e discussione sul documento della Cei Chiesa italiana e Mezzogiorno a vent’anni dalla sua pubblicazione (1989).

Il documento della Chiesa italiana assumeva il problema dello sviluppo economico e sociale del Mezzogiorno nella sua “essenziale dimensione morale” come questione riguardante l’intero paese (Il Paese non crescerà se non insieme si diceva), proponeva un sviluppo autonomo ed autopropulsivo delle regioni meridionali, la crescita della società civile nel Mezzogiorno ed il recupero del senso dello
stato per superare le dinamiche di dipendenza economica politica che producevano uno sviluppo distorto.

E non in ultimo una pastorale di liberazione anche religiosa.
Nell’ultimo ventennio nulla è cambiato, anzi qualcosa è peggiorato ed il Mezzogiorno continua ad essere caratterizzato dalla mancanza di un tessuto produttivo industriale, da sbocchi lavorativi carenti e/o precari, e soprattutto dalla mancanza di una solida formazione professionale e di una vera cultura di tipo industriale.

O se si vuole da un “non sviluppo”. In questa luce si comprende perché, da un punto di vista sociologico, ci si sia interrogati sulla validità attuale del modello di sviluppo autonomo, locale, sostenibile proposto nel menzionato documento della Cei in riferimento alle dinamiche della globalizzazione e glocalizzazione che comporta specializzazioni produttive anche per le aree meridionali secondo risorse da valorizzare.

Di qui un ripensamento delle strategie di sviluppo delle regioni meridionali con le risorse interne e quelle affluenti dall’esterno come i finanziamenti europei per non disperderle e sprecarle.
Nello stesso tempo si è notato che la questione politico-amministrativa, la questione morale scoppiate alla fine degli anni ottanta si manifestano persistenti nel Mezzogiorno come all’epoca in cui il documento fu stilato.

Emerge fortemente una richiesta di eticità per l’ambito pubblico al di là di retoriche politiche di Rinascimento o meno, che coinvolge anche le responsabilità della c.d. “società civile” se si tien conto per esempio dei nessi affaristici tra imprenditori/politici/ceti professionali e borghesi/criminalità organizzata che sono stati accertati dalla stessa autorità giudiziaria e dalla letteratura in merito.

La pastorale del Mezzogiorno è chiamata a contribuire alla responsabilizzazione dei soggetti in modo da indurre un distacco dall’ethos deviante criminale e l’affermazione di un ethos civile. Bisogna dire che da più relatori è si è insistito sul ruolo preminente di formazione di una coscienza sociale e civile da parte degli operatori religiosi a partire dalle occasioni della pastorale ordinaria, dalle omelie al sacramento della riconciliazione ed alle stessa socializzazione religiosa.

Non meno interessanti i cenni di analisi storica sulle chiese meridionali, che non può ignorare tendenze di lunga durata che hanno modellato la religiosità del Sud, che si presenta come un fenomeno carsico.
La domanda che si pone è “ Che chiesa è quella meridionale?”, e conseguentemente quali sono stati i criteri di selezione dei vescovi negli ultimi venti anni ed anche quelli dei sacerdoti rispondenti o meno alla qualità dei candidati.

Queste domande sono state completate da alcune convinzioni maturate negli anni dal Rettore del Seminario campano interregionale, chiaramente formulate: persiste un legame tra sacerdoti e famiglia di origine che oltre tutto non può che fomentare familismo e particolarismo; si rileva da più parti una chiesa più celebrativa e poco profetica nel senso del ritualismo e che produce una scissione tra momento celebrativo e vissuto sociale;

il sacerdote continua ad avere un ruolo sociale riconosciuto in alcune comunità, ma che deve essere orientato alla formazione di comunità cristiane e non al prestigio.

In fondo, la c.d. “questione meridionale” è anche una questione delle chiese meridionali con le loro luci ed ombre guardando al futuro in maniera responsabile per non abdicare ad una memoria e ad una profezia che conduca ad una più elevata umanizzazione e civilizzazione delle popolazioni meridionali in un concerto sempre più globale.

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