FONTE Il Velino Campania - Puntuale, alle 18,00, Stefano Caldoro ha messo piede a Palazzo Santa Lucia. Stanze che conosce bene come ha avuto modo di raccontare, ma per la prima volta è entrato da Presidente della Regione Campania. Dopo la proclamazione di sabato, l’iter burocratico si è concluso entrando nell’ufficio al terzo piano dove ad attenderlo c’era l’uscente Antonio Bassolino. Qualche firma (il passaggio di consegne vero e proprio) una stretta di mano. E via.
Uno diventa il neo governatore, l’altro l’ex governatore.
Caldoro entra in sala Giunta. Il lungo tavolo delle riunioni è vuoto, lo sarà ancora per alcune settimane. E’ su questo punto che si sofferma il presidente: questo Statuto lo dovremo cambiare nella parte in cui si impongono i tempi per la formazione della Giunta. “Sono troppo lunghi. Bisogna attendere prima la proclamazione degli eletti, poi la convocazione del nuovo Consiglio nei venti giorni successivi presentare la Giunta” spiega Caldoro che sui nomi mantiene il massimo riserbo. Si dice preoccupato il neo presidente: “ Per le grandi emergenze della nostra regione”. I conti in rosso “situazione serissima” e non dimentica “l’emergenza ambientale che abbiamo di fronte a pochi mesi dall’avvio della stagione balneare”.
E conferma che “già nei giorni precedenti mi sono impegnato a lavorare con lo staff amministrativo per prendere cognizione del bilancio. Si tratta ora di analizzare bene i dati oggettivi, non soggetti a interpretazione, e mettere in piedi al più presto la macchina organizzativa”. Si dice soddisfatto della sua prima uscita pubblica da Governatore, alle celebrazioni del ventennale del movimento antiracket a Napoli “un importante simbolo quando combattiamo l’illegalità, la malavita, le mafie”. Stefano Caldoro sta parlando con i giornalisti quando Antonio Bassolino prende l’ascensore per lasciare il Palazzo. Poco prima un saluto con la stampa: “Con il passaggio di consegne si chiude davvero la campagna elettorale e adesso Stefano Caldoro che ha vinto in modo chiaro ha tutto il diritto di governare e di guardare avanti rimboccandosi le mani” dice l’ex presidente della Campania. Il suo futuro? “Continuerò a fare politica da libero cittadino. Avrò più tempo per leggere, studiare e scrivere. Darò ancora il mio contributo” sottolinea. Mentre Caldoro entra nel suo nuovo ufficio, fino a poche settimane fa roccaforte del centrosinistra, Antonio Bassolino sale sul motorino del suo fedele collaboratore sin da quando arrivò a Palazzo San Giacomo.
Per Rosa Russo Iervolino e il Partito democratico partenopeo è il giorno del redde rationem stamane, a partire dalle ore 10, nei locali di Santa Maria la Nova il sindaco di Napoli incontrerà i consiglieri comunali del Pd e i vertici campani del partito di maggioranza relativa in Consiglio comunale. All’ordine del giorno c’è soltanto un punto: andare avanti o finire una volta per tutte l’esperienza di questa maggioranza a Palazzo San Giacomo.
Nei giorni scorsi il primo cittadino ha incontrato più volte il segretario regionale Dem, Enzo Amendola e il suo vice, Mimmo Tuccillo che non sono tuttavia riusciti a calmare le acque nel partito troppo lacerato da divisioni interne, troppo avvelenato da scontri fratricidi, troppo sbandato, perché senza leader di riferimento. Martedì c’è a via Verdi la prima delle tre sedute convocate per approvare il Bilancio previsionale 2010-2012 uno scoglio gigantesco da superare.
Al momento il sindaco non ha una maggioranza che le assicuri di portare a casa la delibera senza problema.
Nel caso in cui quest’atto non dovesse essere approvato si imboccherebbe la strada obbligata dello scioglimento e del successivo commissariamento del Comune. Tra le faccende che più avvelenano il clima in questo periodo in casa Pd c’è la questione capogruppo: i cosiddetti “giovani” consiglieri comunali perché uno di loro possa avere la guida del partito. In pole position c’è Francesco Nicodemo è fra i candidati ma l’ex capogruppo bassoliniano Tonino Borriello fa ostruzionismo. Nell’area Marino c’è Gennaro Centanni che non parteciperà – salvo ripensamenti – a quest’incontro di oggi. Anche la sua singola posizione potrebbe essere determinante. Rosetta è appesa difatti ad un sottile filo. E non è escluso che oggi questo filo si possa definitivamente spezzare.
Era Bassolino: sforato il Patto di stabilità per 1 mld di euro
Ieri l’incontro tra il nuovo presidente, Caldoro, e il ministro Tremonti per discutere del deificit regionale. Le spese hanno sforato di circa un miliardo di euro il patto di stabilità. Il centrosinistra si difende ma il Pdl lancia dure accuse.
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ieri l’incontro tra il neogovernatore campano Stefano Caldoro e il ministro delle finanze, Giulio Tremonti, per parlare del buco nel settore sanità della Regione Campania. Ma l’attenzione si è soffermata anche su un altro deficit, quello delle spese dell’era Bassolino che hanno sforato il Patto di Stabilità per un miliardo di euro. “Situazione preoccupante”, secondo Caldoro che comporterà: “stop alle assunzioni, blocco di turnover e consulenze, divieto di contrarre mutui e blocco del prestito di 1 miliardo concesso dalla Banca europea degli investimenti”.
Dopo la diffusione della notizia si moltiplicano le critiche alla vecchia gestione regionale da parte delle forze politiche del centrodestra. “L’ultimo regalo della gestione Bassolino” commentano dal Pdl. Dal canto suo il centro sinistra, si difende attraverso le parole dell’ormai ex assessore al bilancio Mariano D’Antonio che dice: “Siamo stati costretti a sforare per venire incontro alle fasce più deboli. Assistenza ai disabili, ai redditi bassi e sostegno alla cassa integrazione sono stati i capitoli più spinosi”.
I rappresentanti del Governo Nazionale si sono espressi con severità rispetto alla vecchia gestione regionale. “Nel 2001 Vincenzo Visco lasciò al Governo Berlusconi un deficit del 3,1 per cento - rincara la dose Fabrizio Cicchitto - Oggi Antonio Bassolino fa a Stefano Caldoro lo stesso regalo. Il buco nel ‘patto di stabilita’ internò ammonta a circa 1,1 miliardi di euro: qualcosa come 1,15 per cento del pil campano. Come si vede il lupo perde il pelo, ma non il vizio - ha detto ancora il capogruppo del Pdl alla Camera - Ma in Campania le conseguenze saranno ancora più gravi. Nessuna assunzione, in una regione disastrata dal punto di vista occupazionale; spesa fuori controllo nel campo della sanità e dei rifiuti, blocco del turn over, congelamento della spesa corrente, possibilità di revoca delle tranche di prestiti già concordati. Un disastro. Ed alla fine, una ciliegina sulla torta”.
E Gasparri aggiunge: “La catastrofica gestione della regione Campania della sinistra di Bassolino si conclude con un’ulteriore tragedia. Lo sforamento del patto di stabilità certifica un esito fallimentare che oggi scarica sulla Campania oneri e rischi gravissimi - ha dichiarato il capogruppo del Pdl al Senato - La sinistra ha scialacquato, dilapidato, alimentato il clientelismo - dice ancora Gasparri - facendo esplodere emergenze di ogni tipo, da quella rifiuti ai tanti problemi sociali che devastano la Campania. Ed erano quelli che accusavano il centrodestra di non avere a cuore il Mezzogiorno. Un Sud che hanno saccheggiato e stuprato”.
Al coro dei rappresentanti politici nazionali si sono aggiunti i neo eletti consiglieri della Campania. Paolo Romano ha dichiarato: ” logica del mal comune mezzo gaudio con la quale il governo regionale uscente affronta la grave questione della violazione del patto di stabilità è davvero da irresponsabili. L’infrazione in parola, dovrebbe infatti sapere chi sapeva e ha colpevolmente taciuto, comporta conseguenze pesantissime nella futura gestione dell’amministrazione regionale - continua Romano - Bene hanno fatto i vertici campani del Pdl ed il neo presidente Stefano Caldoro a rafforzare le sinergie istituzionali e politiche col governo Berlusconi per scongiurare il rischio che a pagare l’irresponsabilità del governo regionale di centrosinistra siano i cittadini. Bene farebbe Bassolino a spiegare invece il perché ha tenuto tutti all’oscuro di una violazione di cui certamente sapeva da tempo”.
“I conti della Regione Campania sono disastrosi. La situazione è drammatica nel settore della Sanità ed in tutti i comparti - ha dichiarato, infine, Luciano Schifone, neo consigliere regionale del Pdl -In questi anni c’é stata la totale incapacità della sinistra a gestire le politiche di bilancio. All’assessore Antonio Valiante chiedo conferma di una notizia che circola negli ambienti della Regione: pare che in data 31 marzo sia stata firmata la dichiarazione di violazione del Patto di Stabilità da parte della Regione. La cifra del disastro sarebbe di un miliardo e cento milioni di euro”.
“A seguito della situazione determinata dal mancato pagamento delle rette ai centri dei semiconvitti, sono preoccupato che gli Istituti possono sospendere le attività dopo le vacanze pasquali non potendo più garantire l’assistenza ai minori della citta di Napoli”.
E’ quanto ha dichiarato all’Ansa il presidente dell’Uneba della Campania Lucio Pirillo.
“Le responsabilità della sospensione sono da ricercare negli Enti preposti a vigilare perché sia rispettata la convenzione che gli Istituti hanno nel rispetto dei diritti e dei doveri da parte di tutti i sottoscrittori”, aggiunge Pirillo.
Diritti e doveri a cui invece sono venuti meno le controparti politiche, dal Comune che ha ritardato e saltato i pagamenti alla giunta regionale che ha erogato i fondi per gli istituti… in una delibera senza copertura finanziaria.
Ancora una beffa, ancora una cattiva notizia per gli istituti associati a Uneba che a Napoli lavorano nell’assistenza dei ragazzi a rischio.
I soldi della Regione non ci sono.
La delibera 189 con cui lo scorso 1 marzo l’assessore regionale al bilancio Alfonsina De Felice e la giunta regionale avevano detto di aver sbloccato 9 milioni di euro per girarli al Comune di Napoli, da tempo ed enormemente debitore nei confronti degli enti Uneba, è senza copertura finanziaria.
Il trasferimento al Comune di Napoli non può essere fatto, perchè gli euro in cassa non ci sono.
E quindi gli enti che si sono indebitati e sottoposti a sacrifici per continuare la loro fondamentale opera verso i minori si ritrovano ancora una volta privi di quello che loro spetta per legge. Devono ancora aspettare, in balia della politica.
La notizia della mancata copertura finanziaria della delibera regionale è emersa solo martedì 30 marzo. Né il Comune di Napoli, che quei soldi dovrebbe ricevere per poi girarli agli enti, aveva mai comunicato nulla al riguardo.
“E’ l’ultima beffa! - scrive il presidente di Uneba Campania Lucio Pirillo nella sua pagina Facebook – Così si prendono in giro cinquemila minori e oltre tremila operatori che lavorano nell’assistenza dei ragazzi a rischio a Napoli”.
E adesso, che fare? “Dopo Pasqua l’onorevole Alessandra Mussolini e il consigliere regionale riconfermato Luciano Schifone (che hanno accompagnato le giustificate rivendicazioni di Uneba) chiederanno, assieme ad Uneba Napoli, un incontro urgente all’assessore De Felice e al sindaco Iervolino”. Nella speranza che prima o poi si arrivi alla risoluzione del problema: cioè, semplicemente, a dare agli enti associati Uneba quel che loro spetta, né più e né meno.
Sabato 27 marzo infatti il Gabibbo è stato a Pianura, un quartiere della periferia nordoccidentale di Napoli, per raccogliere da Uneba la denuncia dell’abbandono in cui versano le strutture del terzo settore che si occupano di minori a rischio. Un abbandono dovuto agli enormi ritardi nei pagamenti del Comune di Napoli a queste strutture, associate a Uneba.
Ad accogliere il Gabibbo il presidente di Uneba Campania Lucio Pirillo assieme alla onlus “Campania in Movimento” e alla “Fondazione Sam” rappresentata da Cesare Romano.
Il servizio andrà in onda nei prossimi giorni - non sappiamo ancora quando -su Striscia la Notizia, come racconta anche l’agenzia di stampa Ansa.
Il problema dei pagamenti, che tante difficoltà a portato agli enti e, per immediata conseguenza, ai minori di cui questi enti si prendono cura, non è affatto risolto.
La giunta della Regione Campania con delibera 189 del 1 marzo aveva sbloccato una parte degli arretrati spettanti agli enti e li aveva girati al Comune di Napoli. Si tratta di 9 milioni di euro, trasferiti “nonostante non siano ancora definite e concluse le procedure attraverso cui il Comune di Napoli dia conto della tracciabilità delle risorse assegnate rispetto alle azioni messe già in campo”.
Malgrado ciò non sono ancora state definite le modalità della effettiva ripartizione della somma da parte dal Comune e verso gli enti. Sul tema si è svolto anche un incontro presso l’associato Uneba Figlie di Sant’Anna venerdì 19 marzo con la presenza della napoletana presidente della commissione parlamentare infanzia Alessandra Mussolini e del consigliere regionale uscente Luciano Schifone che hanno sostenuto Uneba e gli enti in questa vicenda.
fonte
http://www.uneba.org/campania-uneba-napoli-a-striscia-la-notizia/
Rassegna Stampa — La Bonino: «SONO SOLITE COSE»-
- fonte -
corriere della sera.it
Bagnasco: «E’ un’ecatombe collettiva. La cittadinanza inquadri ogni singola verifica elettorale»
CITTÀ DEL VATICANO - La difesa della vita umana, innanzitutto dal «delitto incommensurabile» dell’aborto in tutte le sue forme, è uno dei valori «non negoziabili» in base al quale i cattolici devono votare nelle prossime regionali. È quanto ha indicato, in sintesi, il presidente della Cei, card. Angelo Bagnasco, aprendo i lavori del Consiglio episcopale permanente, il «parlamentino» dei vescovi italiani. La candidata del centrosinistra alle Regionali del Lazio, Emma Bonino, ha replicato che si tratta di «un evergreen. Non mi sembra ci sia nessuna novità, sono le solite cose».
VALORI NON NEGOZIABILI - I valori «non negoziabili», ha elencato l’arcivescovo di Genova, sono «la dignità della persona umana, incomprimibile rispetto a qualsiasi condizionamento; l’indisponibilità della vita, dal concepimento fino alla morte naturale; la libertà religiosa e la libertà educativa e scolastica; la famiglia fondata sul matrimonio fra un uomo e una donna». Su questo fondamento, ha spiegato, «si impiantano e vengono garantiti altri indispensabili valori come il diritto al lavoro e alla casa; la libertà di impresa finalizzata al bene comune; l’accoglienza verso gli immigrati, rispettosa delle leggi e volta a favorire l’integrazione; il rispetto del creato; la libertà dalla malavita, in particolare quella organizzata».
ABORTO, «ECATOMBE PROGRESSIVA» - Durissime le sue parole contro l’aborto, descritto come «un’ecatombe progressiva», che si vuole rendere «invisibile» attraverso l’uso di pillole da assumere in casa. «Che cosa ci vorrà ancora - si è chiesto il presidente della Cei - per prendere atto che senza il principio fondativo della dignità intangibile di ogni pur iniziale vita umana, ogni scivolamento diviene a portata di mano?» «In questo contesto, inevitabilmente denso di significati, sarà bene - ha subito proseguito - che la cittadinanza inquadri con molta attenzione ogni singola verifica elettorale, sia nazionale sia locale e quindi regionale». «L’evento del voto è - ha detto - un fatto qualitativamente importante che in nessun caso converrà trascurare».
SULLA PEDOFILIA: TRASPARENZA MA NO A DISCREDITO - Il cardinal Bagnasco ha poi affrontato il tema dei recenti scandali di pedofilia. La Chiesa ha imparato da Benedetto XVI a non tacere o coprire la verità, «anche quando è dolorosa e odiosa»; «questo però non significa subire, qualora ci fossero, strategie di discredito generalizzate» ha affermato il presidente della Cei, card. Angelo Bagnasco, nella relazione di apertura del Consiglio episcopale permanente, il «parlamentino» dei vescovi italiani. Il porporato ha anche espresso al Papa la «vicinanza» dell’episcopato italiano: «quanto più, da qualche parte, si tenta di sfiorare la sua limpida e amabile persona, tanto più il popolo di Dio a lui guarda commosso e fiero».
«NON SI METTA IN DISCUSSIONE IL CELIBATO» - «Nessun caso tragico» può oscurare «la bellezza» del ministero sacerdotale, ha detto il porporato. «Nè mettere in discussione il sacro celibato che ci scalda il cuore e ispira la vita», ha aggiunto. «Non sentitevi mai guardati con diffidenza o abbandonati, e - ha detto Bagnasco rivolgendosi agli uomini di Chiesa - non scoraggiatevi; siate sereni sapendo che le nostre comunità hanno fiducia in voi e vi affiancano con lo sguardo della fede e le esigenze dell’amore evangelico». Il sacerdote - ha scandito - non è «un disagiato, nè uno scompensato, benchè il clima culturale odierno non faciliti certo la crescita armonica di alcuno. Il sacerdote è un uomo che, non solo nel tempo del seminario, coltiva la propria umanità nel fuoco dell’amore di Gesù».
In libreria il nuovo libro del giornalista e scrittore Giampaolo Pansa. Già dal titolo, “I cari estinti” ( editore Rizzoli, pagine 502, 22 euro), è possibile intuire che la nuova fatica di Pansa darà la stura ad un ampio e vivace dibattito di carattere storico e politico. Pansa ritrae infatti i politici della Prima Repubblica, da Rumor a Fanfani, da Moro ad Andreotti, da Berlinguer ad Almirante e Craxi ripercorrendo il tempo del terrorismo, del ciclone P2, dello scontro tra comunisti e socialisti.
Ed è indicativo e non casuale che in un articolo di presentazione de “I cari estinti”, comparso su Il Messaggero, Giampaolo Pansa si soffermi proprio sul capitolo dedicato a Bettino Craxi, cui sono dedicate molte pagine.
« Il libro è fondato soprattutto – scrive Pansa – sui miei ricordi di giornalista. Ho scelto di narrare i big politici che ho conosciuto bene in tanti anni di lavoro per La Stampa, il Giorno, il Corriere della sera, la Repubblica e per due settimanali, l’Espresso e Panorama». «Ma Craxi – precisa Pansa – l’avevo incontrato quando entrambi frequentavamo l’università. Al tempo dei parlamentini studenteschi, poi cancellati dal sessantotto. Eravamo quasi coetanei, Bettino del 1934 , io del 1935. Dunque il mio racconto, ed il mio giudizio su di lui, si fondano su una grande quantità di osservazioni, di colloqui, di interviste, di cronache dei congressi socialisti. Un patrimonio professionale acquisito lungo un quindicennio, a partire dalla metà degli anni Settanta. Il giorno che Craxi diventò segretario del Psi, nel luglio del 1976, anch’io stavo al Midas Hotel di Roma come inviato del Corriere. Ed ebbi subito il modo di comprendere quale sarebbe stata la sua strategia per il futuro. Era basata su due constatazioni quasi banali. Entrambe dettate dai risultati delle elezioni politiche di quell’anno. La prima era che il Psi, guidato da Francesco de Martino, aveva portato a casa un bottino molto modesto, appena il 9,6 per cento dei voti. E rischiava di ridursi ad una piccola parrocchia, fatalmente attratta dall’espansione comunista. La seconda riguardava l’esistenza di due partiti dominanti, la Dc ed il Pci. Insieme la Balena Bianca e l’Elefante Rosso possedevano il 73 per cento dei voti. Dunque rappresentavano un potere quasi assoluto».
La storia di Pansa relativa a Craxi ne ripercorre poi tutte le tappe fino a Tangentopoli ed all’esilio volontario di Hammamet. «Ancora oggi – conclude Pansa- molti credono che sia stato l’unico corrotto della politica italiana. Il mio libro spiega che non è così. E conferma che un po’ di onesto revisionismo non serve soltanto a ristabilire la verità sulla guerra civile, ma anche sulla Prima Repubblica ».
rassegna stampa
avvenire
IL MANIFESTO DEL FORUM PER LE REGIONALI
di FRANCESCO RICCARDI
Venti aspiranti governatori e quasi 500 candidati consiglieri hanno firmato
Oggi sono ancora le barriere ideologiche a frenare un’adeguata valorizzazione di questa risorsa per l’intera societa’
il manifesto del Forum delle associazioni familiari «Per una Regione a misura di famiglia». Si tratta certamente di un successo, che lascia ben sperare per l’avvio della nuova legislatura, se alle firme apposte seguiranno comportamenti coerenti.
Ma insieme è anche la riprova di come, purtroppo, sul tema della famiglia si fatichi a superare certe barriere ideologiche.
Non si riesca a intendersi bene su ‘cosa’ sia ancora e sempre la famiglia e quale debba essere, pur nelle legittime differenze di opinioni e strategie politiche, l’approccio metodologico corretto da seguire per sostenerla.
Un passo indietro per comprendere. Il manifesto del Forum, offerto ai candidati di tutte le liste come base di impegno in vista della tornata elettorale, propone «qualche idea di politiche per la famiglia». Sono sei punti relativi alla tutela della vita umana; i beni relazionali; l’educazione, la scuola e la formazione; il mondo del lavoro; il sociale e il sistema fiscale, declinati prima a livello generale e poi specifico per ogni regione nella quale si va alle urne.
Fondamentale è la premessa – «Ricominciamo dalla Costituzione» – nella quale si ricordano la definizione della famiglia scolpita nell’articolo 29, i doveri e diritti dei genitori fissati nell’articolo 30 nonché l’impegno della Repubblica ad agevolare la famiglia inserito nell’articolo 31. Vengono infine richiamati gli articoli 117 e 118 nei quali si specificano i compiti amministrativi degli enti locali e si sottolinea in particolare il principio di sussidiarietà e di valorizzazione delle autonome iniziative ‘dal basso’ dei cittadini.
Il manifesto del Forum, dunque, non è un documento confessionale, non parla della visione cristiana citando il catechismo, ma declina i valori costituzionali, laici, nella realtà italiana, indicando una serie di piste operative. Rispetto alle quali, ovviamente, si può essere più o meno d’accordo riguardo alla loro efficacia oppure alla scala delle priorità o ancora rispetto agli strumenti suggeriti, ma che trovano appunto la loro radice naturale nella nostra Carta fondamentale. Quella stessa Costituzione che da più parti viene spesso sbandierata, qualche volta persino brandita, sempre giustamente difesa quale collante della coesione sociale del Paese.
Eppure, se si analizza la ‘geografia’ dei firmatari, ci si accorge di come il tema della famiglia sia assunto quale priorità – almeno nelle intenzioni – dai candidati dell’Udc e dalla gran parte di quelli del Pdl e della Lega.
Sembrerebbe invece interessare solo una minoranza dei politici di una grande forza popolare come il Partito democratico e poco o nulla gli esponenti di un movimento, l’Italia dei valori, che pure della legalità e del rispetto della Costituzione ha fatto la sua bandiera.
Della Carta, però – così come di quei valori fondamentali che più volte sono stati richiamati in questi ultimi giorni – non si può prendere solo ciò che appare congeniale, senza guardare al disegno complessivo e al metodo di intervento indicato.
Di fatto, prima ancora della scarsità delle risorse e delle differenti ricette, sono le barriere ideologiche a frenare un’adeguata valorizzazione della ‘risorsa famiglia’. Riconoscere che la famiglia è un bene in sé per l’intera società riesce ancora difficile a molta parte del mondo politico.
Spaventa evidentemente la soggettività che la famiglia stessa può dispiegare, se viene appena appena sussidiata.