Sicurezza, ultima illusione

Maggio 16, 2009 by admin · Comment
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Un maledetto irrisolvibile problema idraulico. È triste dirlo, ma al 90% il problema della sicurezza non è un problema politico, ma un problema di flussi e di stock, di capienze e di velocità. Per capire come mai, bisogna mettere da parte il 10% politico del problema, su cui ovviamente ognuno ha le sue preferenze e le sue sensibilità (a me, ad esempio, non piacciono le ronde). E occorre munirsi di santa pazienza e ripassare qualche numero, senza pretese di precisione ma giusto per farci un’idea degli ordini di grandezza.

Le persone denunciate in Italia sono oltre 500 mila all’anno, ossia circa 1 cittadino su 100. Un quarto circa, quasi interamente costituito da persone con precedenti penali, viene condannato da un giudice a una pena detentiva. Ma le probabilità di scontare la pena in carcere sono minime, per un complesso di ragioni istituzionali ben spiegato dal procuratore Bruno Tinti in un suo fortunato libro (Toghe rotte, Chiarelettere). La ragione più importante, però, è di natura materiale: non ci sono abbastanza posti nelle carceri. A meno di tre anni dall’indulto (estate 2006), i detenuti sono già 20 mila più di quanti le carceri potrebbero contenerne: 62 mila persone per 43 mila posti.

Equasi 2 posti su 3 non sono occupati da persone condannate, ma da imputati in attesa di giudizio o sottoposti a misure cautelari. La conseguenza è che i pochi detenuti che effettivamente scontano una pena liberano pochissimi posti all’anno, proprio perché la loro pena è lunga (chi ha una pena breve di norma non la sconta in carcere). In poche parole: le condanne a pene detentive sono più di 100 mila all’anno, ma i posti che si liberano effettivamente sono poche migliaia.

Si potrebbe pensare che, almeno per quanto riguarda gli immigrati, una soluzione potrebbero essere i centri di permanenza temporanea (Cpt), ora ridenominati Cie (Centri di identificazione ed espulsione). A parte il fatto che un Cie non è un luogo deputato a scontare una pena, è di nuovo l’idraulica a lasciare senza speranze: con meno di 2000 posti disponibili, le persone che possono transitare nei Cie sono meno di 10 mila all’anno, e diminuiranno drasticamente con l’allungamento dei tempi massimi di permanenza da 2 a 6 mesi deciso in questi giorni. È strano che il ministro Maroni, che pure da molto tempo sta progettando di allungare i tempi di permanenza nei Cie per rendere possibili le operazioni di identificazione ed espulsione, non abbia provveduto - prima - ad almeno triplicare la loro capienza. Lì per lì non ci si pensa, ma la regola idraulica è implacabile: se il tempo di permanenza in una struttura aumenta di N volte, la sua capacità annua di accoglienza si riduce nella stessa proporzione. Se prima potevi ricevere 300 nuove persone al mese tenendole 2 mesi ciascuna, adesso puoi immetterne solo 100 al mese, perché ciascuna di esse si fermerà il triplo del tempo, ossia 6 mesi anziché 2. Insomma le stanze restano 300, ma più a lungo le si occupa meno nuove persone potranno transitarvi in un dato intervallo di tempo: se vuoi che il transito resti costante, allora devi triplicare la capienza della struttura. L’aritmetica dei flussi non lascia scampo.

Si potrebbe pensare che, comunque, un passo avanti sia stato fatto con l’accordo con la Libia, grazie al quale gli sbarchi in Italia dovrebbero diminuire drasticamente. Questo è vero, ma ancora una volta sono gli ordini di grandezza che fanno riflettere. Gli immigrati, specie se clandestini, sono indubbiamente più pericolosi degli italiani, ma occupano solo 1/3 dei posti in carcere, e soprattutto non vengono dal mare: gli ingressi con i barconi sono circa 1/7 del totale degli ingressi (o permanenze) irregolari. Il «respingimento in mare» degli stranieri è senz’altro utile, ma è solo una piccola frazione del problema della criminalità in Italia, diciamo un 5 per cento.

Ricordo queste cifre non certo per svalutare l’azione del governo, o per minimizzare il ruolo della criminalità straniera in Italia. Contrastare gli sbarchi illegali e rendere possibili le identificazioni sono provvedimenti ragionevoli, anche per il loro potere deterrente, e secondo me Maroni ha fatto bene a tenere duro su entrambi. Quello di cui dovremmo renderci conto, tuttavia, è che alla lotta contro il crimine mancano ancora i due tasselli fondamentali: una giustizia molto più efficiente, un piano di edilizia carceraria ben più incisivo di quello prospettato dal governo alcuni mesi fa (13 mila posti entro il 2012). Un calcolo prudente suggerisce che tra ristrutturazioni delle carceri esistenti (spesso indegne di un Paese civile) e costruzione di nuove carceri occorra prevedere almeno 50 mila posti aggiuntivi, con un costo che è dell’ordine di 5 miliardi di euro. Finché ciò non avverrà - ed è difficile pensare che, anche con la migliore volontà politica, occorrano meno di una decina d’anni - nessun inasprimento di pena, nessun nuovo reato, nessun giro di vite potrà produrre risultati apprezzabili. Meno che mai possiamo aspettarci miracoli dall’introduzione del reato di immigrazione clandestina, giusto ieri sancita dal voto della Camera. Anzi, il rischio è che proprio i continui annunci di misure drastiche ma materialmente inattuabili rendano ancora meno credibili le nostre istituzioni.

Ma di tutto questo ci renderemo conto, probabilmente, solo fra qualche anno. Solo allora, quando avremo assistito a un’ennesima rivolta nelle carceri, quando saremo stati costretti a varare l’ennesimo indulto o amnistia, quando avremo constatato che l’idraulica del circuito della sicurezza non permette a nessun governo, di qualsivoglia colore politico, di ottenere risultati tangibili in pochi anni, solo allora questa stagione ci apparirà in tutta la sua paradossalità. Perché quello di questi giorni, il «respingimento» dei barconi e l’approvazione del disegno di legge sulla sicurezza, è probabilmente il massimo successo mediatico del governo Berlusconi, ma potrebbe rivelarsi anche, alla lunga, la più grande illusione (l’ultima?) che il Cavaliere ha consegnato agli italiani.

• da La Stampa del 15 maggio 2009, pag. 1

di Luca Ricolfi

IMMIGRATI: VESCOVI E CENTROSINISTRA, ”MURO” SUI RESPINGIMENTI

Maggio 11, 2009 by admin · Comment
Filed under: IMMIGRATI 

In attesa della fiducia al governo sul disegno di legge sulla sicurezza che sara’ votata dalla Camera mercoledi’, seguita giovedi’ dalle dichiarazioni di voto e dall’approvazione finale, e’ il tema immigrazione a occupare il centro del dibattito politico.

In particolare, continua la polemica sulla frase pronunciata dal premier Silvio Berlusconi sabato scorso a proposito della linea del governo di non favorire ”l’idea di un’Italia multietnica” che invece piacerebbe alla sinistra.

Come era gia’ capitato nei giorni scorsi su altre questioni riguardanti la politica migratoria, a reagire e’ anche il Vaticano. Monsignor Mariano Crociata, segretario generale della Cei, precisa che ”l’Italia multietnica e multiculturale e’ un valore ed esiste gia’ di fatto”. Il problema, fa presente, e’ semmai porsi il problema di come ”non cancellare l’identita’ di ciascuno ma nemmeno teorizzare un’irreale parificazione che e’ cosa diversa dall’eguaglianza”.

Malgrado la posizione della Cei, non ci sono ripensamenti da parte del governo sia sul contenuto del pacchetto sicurezza sulle norme riguardanti l’immigrazione sia sulla ”linea del respingimento” dei clandestini che cercano di approdare a Lampedusa, come l’ha definita il ministro Roberto Maroni.

Il responsabile del dicastero degli Interni fa notare che grazie agli accordi con la Libia sono stati respinti in pochi giorni ben 500 immigrati clandestini e che questa continuera’ ad essere la scelta del governo in ottemperanza alle norme internazionali.

Pdl e Lega, che polemizzano tra loro sul problema del referendum sulla legge elettorale del 21 giugno, sono compatti sulla politica anti-immigratioria. Roberto Calderoli, ministro leghista della Semplificazione legislativa, tra i piu’ polemici sull’appuntamento referendario di cui chiede il boicottaggio, se la cava con una battuta: ”Berlusconi si e’ pontidizzato, dovremmo dargli la tessera della Lega”.

Un apprezzamento sulla fermezza del governo viene pure da Ignazio La Russa, ministro della Difesa, capolista del Pdl nella circoscrizione nord-ovest: ”La tesi di difendere l’identita’ italiana una volta eravamo in pochi a sostenerla, ora con le parole del presidente del Consiglio siamo la maggioranza”.

Dall’opposizione si attacca invece una politica governativa che rischierebbe di diventare addirittura razzista. ”Di questo passo in Italia non faremo entrare neanche il presidente Obama”, ironizza Antonio Di Pietro, leader dell’Idv.

”Penso che chi guida il nostro paese non debba fare demagogie o compiacere la Lega ma risolvere i problemi. Dire no a una societa’ multietnica significa ottenere un risultato: chiudere le nostre fabbriche, non avere collaborazione per i nostri anziani, delineare una societa’ che non esiste”, polemizza Pier Ferdinando Casini, Udc.

Dario Franceschini, segretario del Pd, sceglie un’altra argomentazione polemica: ”Il respingimento dei clandestini viene usato dal governo per far scomparire dalle pagine dei giornali altre vicende come la crisi economica, per far spostare i riflettori dalle vicende personali di Berlusconi e dalle vicende politiche del governo”.

E’ Umberto Bossi, ministro per le Riforme istituzionali e leader storico del Carroccio, a replicare sostenendo che l’attuale governo non sta facendo altro che ”applicare gli accordi internazionali sottoscritti dagli esecutivi di centrosinistra”.

Una precisazione viene pure da Franco Frattini, ministro degli Esteri: ”In Italia e in Europa si entra solo rispettando la legge. Le motovedette non hanno la facolta’ ma il dovere, per conto dell’Unione europea, di intercettare chi non ha ancora oltrepassato i confini europei”.

Una posizione peculiare sul fronte dell’opposizione e’ quella di Piero Fassino, Pd, che da’ ragione al ministro Frattini sul punto dei doveri internazionali dell’Italia. In una intervista al ”Corriere della Sera” di ieri ha infatti precisato: ”Io come esponente del governo Prodi tra il ‘96 e il ‘98 ho firmato decine di accordi di riammissione con i Paesi dei Balcani e del Mediterraneo, che prevedono il diritto dell’Italia di rimpatriare nei paesi da cui erano venuti i clandestini e l’obbligo di questi paesi di riprenderli”.

L’ex ministro dei governi Prodi aggiunge di comprendere la posizione della Chiesa, ma precisa che chi e’ al governo deve applicare le leggi. Il dissenso di Fassino rispetto alla linea di Pdl e Lega non e’ tanto sui cosiddetti respingimenti quanto piuttosto sulla prospettiva dell’Italia come societa’ multietnica: ”Prendiamo atto con onesta’ che l’Italia, come lo sono gia’ Francia e Germania, diventera’ un paese multietnico”.

fonte
asca