CIO’ CHE NON SI RECUPERA

Aprile 3, 2009 by admin · Comment
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Salve miei cari amici, molte volte l’impulsività ci fa commettere errori irrecuperabili, voglio raccontarvi una storiella per farvi riflettere un pochino: 

COSE CHE NON SI RECUPERANO! Una ragazza stava aspettando il suo volo in una sala d’attesa di ungrande aeroporto. Siccome avrebbe dovuto aspettare per molto tempo, decisedi comprare un libro per ammazzare il tempo. Comprò anche un pacchetto di biscotti. Si sedette nella sala VIP per stare più tranquilla. Accanto a lei c’era la sedia con i biscotti e dall’altro lato un signore che stava leggendo il giornale. Quando lei cominciò a prendere il primo biscotto, anche l’uomo ne prese uno, lei si sentì indignata ma non disse nulla e continuò a leggere il suo libro Tra lei e lei pensò “ma tu guarda se soloavessi un po’ più di coraggio gli avrei già dato un pugno…” Così ogni volta che lei prendeva un biscotto, l’uomo accanto a lei, senza fare un minimo cenno ne prendeva una anche lui. Continuarono fino a che non rimase solo un biscotto e la donna pensò “ah, adesso voglio proprio vedere cosa mi dice quando saranno finiti tutti!!” L’uomo prima che lei prendesse l’ultimo biscotto lo divise a metà! “Ah, questo è troppo” penso e cominciò a sbuffare e indignata si prese le sue cose, il libro e lasua borsa e si incamminò verso l’uscita della sala d’attesa.

Quando si sentì un po’meglio e la rabbia era passata, si sedette in una sedia lungo il corridoio per non
attirare troppo l’attenzione ed evitare altri dispiaceri. Chiuse il libro e aprì la borsa per infilarlo dentro quando…. nell’aprire la borsa vide che il pacchetto di biscotti era ancora tutto intero nel suo interno.
Sentì tanta vergogna e capì solo allora che il pacchetto di biscottiuguale al suo era di quell’ uomo seduto accanto a lei che però aveva diviso i suoi biscotti con lei senza sentirsi indignato, nervoso o
superiore al contrario di lei che aveva sbuffato e addirittura si sentiva feritanell’orgoglio.

Prima di arrivare ad una conclusione affrettata e prima di pensare male delle persone, guarda attentamente le cose, molto spesso nonsono come sembrano!!!!
Esistono 5 cose nella vita che non si RECUPERANO:
Una pietra dopo averla lanciata;
Una parola dopo averla detta;
Un’opportunità dopo averla persa;
Il tempo dopo esser passato;
L’amore per chi non lotta.

Statali, spunta il blocco delle liquidazioni per chi ha 40 anni di contributi

Aprile 3, 2009 by admin · Comment
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di Pietro Piovani

ROMA (3 aprile) - Obbligati ad andare subito in pensione, e per di più senza liquidazione. E’ il destino che potrebbe toccare almeno 100 mila dipendenti pubblici che hanno raggiunto i 40 anni di contributi. Il governo aveva già stabilito, con un decreto tuttora in vigore, che da quest’anno le amministrazioni possono mandare a riposo i loro dipendenti più anziani, volenti o nolenti. Quella norma però era stata successivamente corretta dal Parlamento, che ne aveva limitato la portata: il limite di 40 anni – si specificava con questa modifica – va inteso come numero di anni effettivamente lavorati, senza includere nel conto i contributi figurativi (come gli anni della laurea o del servizio militare). In questo modo la platea degli interessati è stata ridotta notevolmente. Adesso però il governo torna alla carica. Presentando un altro articolo di legge, che stabilisce due cose. Primo, che per il calcolo dei 40 anni si deve tornare al meccanismo iniziale, dunque può essere mandato in pensione anche chi supera la soglia solo per via dei contributi figurativi. Secondo, che tutti quanti i prepensionati in questione dovranno aspettare qualche anno prima di vedere la buonuscita (così si chiama la liquidazione nel pubblico impiego).

L’articolo bocciato. Questo articolo è stato presentato all’interno di un testo in via di approvazione in questi giorni a Montecitorio. Per la precisione all’interno del decreto anticrisi, quello che prevede aiuti e incentivi per le industrie. Fra le tante righe del maxiemendamento scritto dal governo, c’era anche un articolo 5 ter dedicato appunto ai dipendenti da mandare in pensione. Questo articolo tuttavia non potrà essere votato, essendo stato respinto dal presidente della Camera Gianfranco Fini,perché estraneo alla materia del decreto: che c’entra il pensionamento dei dipendenti pubblici con gli incentivi alle auto? Tutto lascia pensare però che l’articolo sarà presto ripresentato in qualche altra forma. Anche perché non si tratta del primo tentativo: già a gennaio era stata scritta la bozza di una misura analoga che il Consiglio dei ministri avrebbe dovuto approvare per decreto, ma poi l’iniziativa è stata rinviata.

I risparmi e le liquidazioni. La vera novità di questo emendamento (per ora) sfumato sta nel rinvio delle liquidazioni. Chi viene mandato in pensione per raggiunti limiti d’età contributiva non vedrebbe un euro prima del 2013. Il provvedimento ha una sua logica: solo così i prepensionamenti portano allo Stato qualche risparmio reale. Mandando a casa un dipendente pubblico non si ottengono grandi riduzioni di spesa, visto che a quel dipendente lo Stato continuerà a pagare la pensione. Anzi, il primo anno si avrebbe persino un aggravio delle uscite, per via appunto delle liquidazioni. Ecco perché qualcuno al ministero dell’Economia ha pensato al congelamento delle buonuscite. Solo in questo modo si raggiune l’obiettivo di risparmiare, ovviamente a condizione che il dipendente prepensionato non venga sostituito con una nuova assunzione.

Gli interessati. Le persone che si vedrebbero bloccare la liquidazione sono tantissime. Il presidente dell’Inpdap ha calcolato che nel solo 2009 i dipendenti che potrebbero andare in pensione forzata avendo raggiunto i 40 anni di contributi sono 60-70 mila. E la norma avrebbe effetto anche nei prossimi anni. Si può dunque stimare che gli interessati siano almeno 100 mila persone, forse 200 mila.

I sindacati. L’iniziativa sulle liquidazioni è stata denunciata ieri dalla Cgil, che ha invitato Renato Schifani a respingere, come ha fatto Fini, un eventuale nuovo emendamento qualora venisse presentato al Senato. Il segretario della Cgil-Funzione pubblica Carlo Podda definisce questa norma “un’ingiustizia incommentabile”. Per la Cisl il segretario confederale Gianni Baratta parla di “una misura inaccettabile” ed elogia Fini per averla rigettata.


fonte: ilmattino

Cos’è il mobbing?

Aprile 3, 2009 by admin · Comment
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Che cosa è il mobbing  per sommi capi lo sappiamo tutti, ma forse non tutti sappiamo che la definizioni di mobbing dipende dalle cause che possono portare al crearsi del mobbing e gli effetti che esso provoca, sulla vittima e nell’azienda (ambiente di lavoro).

Iniziamo a descrivere quindi i vari tipi di mobbing:

Tipi di mobbing

 

Mobbing dal basso o down-up:
Il mobber è in una posizione inferiore rispetto a quella della vittima.
Accade quando l’autorità di un capo viene messa in discussione da uno o più sottoposti, in una sorta di ammutinamento professionale generalizzato. In effetti, nelle situazioni di mobbing dal basso sono solitamente più di uno, a volte snche tutti gli operai o i collegli di un certo reparto, che attuano una vera e propriaa ribellione contro il capo che non accettano.
La vittima si trova quanto mai in una condizione di isolamento totale e devastante, inoltre essendo il numero dei suoi delatori piuttosto alto, anche il suo tentativo di discolpa risulta arduo; l’ufficio del personale finirà col dare credito alla maggioranza delle voci.
Questa forma di mobbing ha radici molto simili tra le culture. I casi di mobbing dal basso sono comunque abbastanza rari; nell’area tedesca si stima che ricoprando una percentuale del 10% del totale di tutti i casi si mobbing, in Italia la percentuale è addirittura minore, infatti, se l’antipatia verso il capo è un fenomeno molto diffuso, non altrettanto si può dire dell’aperta manifestazione di questo sentimento.

Mobbing dall’alto:
Il mobber è in una posizione superiore rispetto alla vittima: un dirigente, un capo reparto, un capufficio, un collega di anzianità o di mansioni superiori. Questo tipo di mobbing comprende atteggiamenti ed azioni riconducibili alla ben conosciuta tematica dell’abuso di potere, cioè dell’uso eccessivo, arbitrario o illecito del potere che un ruolo professionale implica. Il capo tradizionale, autoritario e severo, è tendenzialmente più soggetto a questa inclinazione, tuttavia sarebbe errato ritenere che il capo “amicone” ne sia immune.
Il discorso è infatti più ampio: il mobbing può insorgere in ogniuno dei due casi, quando il capo usa uno di questi due stili di guida in modo non uniforme. Se infatti usa il modo di fare autoritario e un po’ dispotico con tutti i suoi sottoposti allo stesso modo, ciò non è automaticamente mobbing. Finchè egli usa con tutti lo stesso metro e ogniuno subisce un trattamento giustamente ripartito e conseguente a ciò che effettivamente ha fatto, egli potrà essere accusato di eccessivo zelo, ma non di mobbing. Se invece usa il modo di fare da “amicone”, ma più con qualcuno emeno con altri, cioè se mostra di fare delle prefernze, allora il mobbing non è troppo lontano.
In un primo tempo ci si è chiesti se per caso qesto tipo di mobbing non derivasse dalla gerarchia organizzativa aziendale stessa, ossia se la struttura gerarchica della ditta non facilitasse o addirittura provocasse l’insorgere del mobbing dall’alto, concentrando potere e capacità decisionali nelle mani di alcuni suoi componenti a scapito di altri. Nonosatnte questo si è visto che snellire la gerarchia aziendale, portandola al minimo indispensabile, porta tanti vantaggi, ma non in fatto di mobbing dall’alto. Questo inquietante fenomeno infatti sembra insorgere ovunque, anche nelle aziende ad organigramma piatto. In ultima analisi, insomma, pare che se una persona fa uso sconsiderato del suo potere professionale, per quanto esso sia limitato, possa divenire con molta probabilità un mobber.

Bossing o mobbing strategico:
E’ una forma di mobbing che viene usata strategicamente dalle imprese per promuovere l’allontanamento dal mondo del lavoro di soggetti in qualche modo scomodi.
Può trattarsi di soggetti appartenenti ad una gestione precedente o assegnati ad un reparto che deve essere dismesso, di soggetti divenuti troppo costosi (un senior costa di più di due contratti di formazione lavoro) o che non corrispondono più alle attese dell’organizzazione.
E’ prassi frequente nelle imprese che hanno subito ristrutturazini, fusioni, cambiamenti che abbiano camportato un esubero di personale difficile da licenziare.
Il mobbing dunque si trasforma in una vera e propria politica aziendale, assumendo caratteri di normalità e di ineluttbilità.
La strategia dell’espulsione prende forma nell’intenzione del diretto superiore ed è mirata ad estromettere il soggetto dal processo lavorativo (sono stati riferiti casi di bossing della durata di 20 anni). L’obiettivo è quello di isolare la persona che si ritiene rappresenti una minaccia o un pericolo, bloccargli la carriera, toglierli il potere, renderlo innoquo.
Nel bossing la competenza sociale e le caratteristiche di personalità del mobber e della vittima giocano un ruolo decisamente importante.

Mobbing tra pari o orizzontale:
Il mobber e la vittima sono allo stesso livello: due colleghi con pari manzioni e possibilità.
Normalmente si assiste tra colleghi a piccole invidie, pottegolezzi, conflitti che serpeggiano sotto la superficie; anche se rivalità ed antipatie personali tra colleghi superano peraggressività ed emotività quelle tra superiori e sottoposti. La ragione di questo è che in gioco non c’è il potere formale, ma quello informale, che comprende una serie di fattori legati alla sensibilità e alla percezione individuale. Unitamente a questa ragione bisogna tenere ben presente il contesto nazionale dove se alla difficoltà di occupazione, aggiungiamo la mancanza di trasparenza nell’accesso al lavoro e nello sviluppo di carriera, si ottiene un aumento della competizione in grado di destrutturare i rapporti relazionali e quindi di facilitare il mobbing tra colleghi.

Doppio mobbing:
L’energia distruttiva con cui la vittima è caricata e che trova in famiglia la possibilità di scaricarsi, può giungere ad un livello tale da comportare la saturazione delle riserve familiari. La famiglia latina, protettrice e geneosa, improvvisamente cambia atteggiamento, cessando di sostenere la vittima e cominciando invece a proteggere se stessa dalla forza distruttiva del mobbing. Ciò significa che la famiglia si richiude in se stessa, per istinto di sopravvivenza, e passa sulla difensiva.
La vittima infatti è diventata una minaccia per l’integrità e la salute del nucleo familiare, che ora pensa a proteggersi prima, ed a contrattaccare poi.
Si tratta naturalmente di un processo inconscio: nessun componente sarà mai consapevole di aver cessato di aiutare il proprio caro.
E’ in questi casi che parla di doppio mobbing, il mobbizzato perde la valvola di sfogo rappresentata dalla famiglia e quindi è praticamente accerchiato. Sono questi infatti i momenti di maggiore pericolasità per una vittima, quando cioè si sente veramente abbandonato da tutti.

250 ragazzi di Scampia rischiano lo sfratto

Marzo 30, 2009 by admin · Comment
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da tg2.rai.it

“Ci lasciano soli in balia della camorra” e’ la denuncia di Don Manganiello, il religioso che gestisce il centro di Scampia che ospita oltre 250 ragazzi in difficolta’ e ora rischia di chiudere perche’ mancano i fondi, da mesi infatti il Comune non paga piu’ la retta prevista. Con un ammanco di 20milioni di euro.

IL CUORE DELL’UOMO

Marzo 29, 2009 by admin · Comment
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IL CUORE DELL’UOMO

Un giorno Dio si stancò degli uomini a causa delle loro continue richieste, spesso molto futili.
Prese, conseguentemente, la decisione di nascondersi per un pò di tempo.
Chiamò tutti i suoi Angeli consiglieri e chiese loro: “Dove mi debbo nascondere per non essere trovato? Qual’è il luogo migliore?”
Gli Angeli consiglieri suggerivano i luoghi più disparati. Chi suggeriva la montagna più alta, chi l’abisso del mare più profondo, chi lo spazio celeste più remoto.
Non contento dei luoghi suggeritigli chiese all’Angelo consigliere più anziano, che ancora non si era pronunciato: “Tu dove mi consigli di nascondermi?” L’Angelo anziano, sorridendo, rispose: “Nasconditi nel cuore dell’uomo! E’ l’unico posto dove essi non vanno a cercare!”

Comune di Napoli, approvato il bilancio e la Tarsu aumenta del 38 per cento

Marzo 29, 2009 by admin · Comment
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La tassa per la spazzatura porterà nelle casse 174 milioni
Ai napoletani costerà in media 84 euro in più all’anno

NAPOLI (28 marzo) - La giunta comunale di Napoli ha approvato il bilancio previsionale 2009 all’unanimità, ora la parola passa al Consiglio comunale per il vaglio finale. Il documento contabile - il primo dell’assessore Riccardo Realfonzo - rende ufficiale l’aumento della Tarsu e per i napoletani non è una bella notizia.

Al di là di questo, due sono i dati più significativi. Il taglio degli sprechi a cominciare dalle consulenze per il 50 per cento, dalla telefonia e da una gestione più virtuosa del personale; e i tagli di Stato e Regione che aprono un buco di 121 milioni di euro nelle casse del Comune. Controbilanciato in parte dall’aumento del gettito Tarsu e in parte da una più rigorosa gestione.

La manovra contabile nel suo complesso vale un miliardo e 150 milioni di euro. In particolare, le entrate tributarie segnano un meno 16 milioni, effetto della cancellazione Ici prima casa e della crisi che porta minor gettito di addizionale comunale Irpef.

Le entrate da trasferimento invece sono a meno 51 milioni e va registrato un taglio da 25 milioni dalla Regione; le entrate extratributarie sono a meno 53 milioni di cui 14 milioni ancora dalla Regione e 30 «derivati dalla regolarizzazione di partite debitorie e creditorie sui rifiuti».

La Tarsu contribuisce al gettito con 174 milioni, 64 in più rispetto all’anno scorso, ma per effetto dell’obbligo per i Comuni di adeguare la tassa al 100% del costo del servizio non per una riscossione più consistente. L’aumento, in percentuale del 38 per cento, costerà a ogni famiglia mediamente 84 euro.

Palazzo San Giacomo ha attuato un fondo di 2,5 milioni per rimborsare la tassa ai cittadini meno abbienti. Passiamo ai trasferimenti correnti (derivanti da Stato, Regione e Ue) che vedono in campo 19 milioni come contributo per il fitto alle fasce più deboli. Su questo fronte 1,5 milioni sono destinati ai giovani. Altri 14 milioni sono messi a disposizione per il reddito di cittadinanza. Sul fronte delle spese correnti, risparmio di 21,5 milioni su quelle per la macchina amministrativa.

fonte: ilmattino.it

Napoli è una città meravigliosa….

Marzo 26, 2009 by admin · Comment
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La gelosia non è amore, è paura

Marzo 26, 2009 by admin · Comment
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Salve miei cari e fedeli lettori, oggi vorrei farvi leggere qualcosa di Freud:Quanti tipi di gelosia ci sono.
Freud riconobbe nella coppia tre tipi di gelosia, tutti caratterizzati da ambivalenza, ossia dalla coesistenza di sentimenti di segno opposto, quali amore e aggressività distruttiva, nei confronti della persona amata. In realtà questi tre tipi si muovono lungo un continuum di sentimenti e di reazioni emotive e neurovegetative che vanno dalla gelosia minima, spesso percepita solo interiormente e di cui il partner non ha quasi sentore, alla gelosia distruttiva e devastante che può arrivare all’omicidio, reale o simbolico, della persona amata e/o del rivale. Per chiarezza può essere utile mantenere la distinzione freudiana tra tre grandi forme di gelosia:
1) la gelosia competitiva, o normale, che è essenzialmente composta da quattro fattori: 1) il dolore provocato dalla paura o dalla convinzione di aver perso l’oggetto d’amore; 2) la ferita narcisistica patita quando sembra che un altro/a ci venga preferito; 3) l’ostilità verso il/la rivale più fortunato, vero o presunto; 4) i sensi di colpa che il soggetto ha quando si attribuisce la responsabilità della perdita del partner amato;
2) la gelosia proiettiva, quando in realtà il soggetto letteralmente proietta sul/la partner i propri desideri di tradimento inappagati. In tal caso la paura ossessiva dell’infedeltà dell’altro/a serve a tacitare, più o meno inconsciamente, i propri sensi di colpa verso quegli stessi impulsi;
3) la gelosia delirante, o delirio di gelosia, la forma più pericolosa, caratterizzata dalla convinzione paranoica dell’infedeltà del partner. La caratteristica del delirio è il suo essere svincolato dalla realtà, spesso del tutto privo di fondamento, ma comunque inamovibile e immodificabile anche di fronte alle più lampanti evidenze della assoluta fedeltà del partner (l’Otello shakespeariano insegna). Il motto del geloso, più frequentemente un uomo, in preda al delirio paranoico, può essere così riassunto: “Ti odio perché di te non mi posso fidare, però sei mia e non ti consento di lasciarmi”…

Quando la gelosia è normale?

Il sentimento di gelosia può essere considerato naturale e normale quando è consapevole, quando è contenuto nei limiti della percezione individuale, quando esprime la comprensibile vulnerabilità che ognuno ha, quando ama, all’idea di poter perdere la persona amata. E’ anche naturale che esso emerga e causi sofferenza quando l’oggetto d’amore viene realmente perduto a vantaggio di un altro/a. Il sentimento di dolore che accompagna in tali casi la gelosia fisiologica tende ad attenuarsi progressivamente. Il “farsene una ragione”, come si dice nel linguaggio comune, indica la capacità sana di superare la perdita, di “elaborare il lutto”, rispettando la libertà dell’altro/a di andarsene e scegliere un altro oggetto d’amore.
Questa capacità di accettare l’abbandono, o comunque l’addio, presuppone maturità, equilibrio interiore, fiducia nella propria capacità di amare e di essere amati, oltre che nella propria desiderabilità. Questi sentimenti alimentano la fiducia e la speranza di poter trovare un nuovo oggetto d’amore e di poter vivere un nuovo appagante stato nascente. E’ tipica quindi di chi ha vissuto relazioni primarie, nella famiglia d’origine, e nei rapporti successivi, caratterizzate da quella certezza e costanza di sentimenti che alimenta l’attaccamento sicuro e la fiducia in sé.

Quando la gelosia diventa pericolosa?

Quando è estrema: si parla allora di gelosia delirante. Questa è associata a disturbi gravi della personalità e a crescente difficoltà a controllare i propri impulsi distruttivi. In questi casi l’individuo può diventare socialmente pericoloso non solo per il/la partner ritenuto traditore o colpevole di abbandono, ma anche nei confronti della famiglia di origine del partner stesso o addirittura dei figli, come la cronaca purtroppo mostra troppo spesso.

Il monologo di Saviano in tv “Non sono solo in questa battaglia”

Marzo 26, 2009 by admin · Comment
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IL PERSONAGGIO - Lo scrittore a “Che tempo fa” con Fazio
Mostra i titoli incredibili dei giornali locali che chiamano “infami” i pentiti

“Cercano di colpire me, perché sono il più debole”

MILANO - Un monologo quasi teatrale, una rassegna stampa del Corriere di Caserta che chiama “infame” il pentito in un titolo, che elegge a eroi i boss locali, amici dei politici. Le foto dei ragazzini ammazzati, quelli degli innocenti coperti da un lenzuolo, il sorriso di un carabiniere ventenne trucidato per vendetta. Il titolo diffamante: “Don Diana a letto con due donne”. Don Diana, il prete dell’impegno ucciso quindici anni fa.
“Che tipo di paese se permette tutto questo?”. “Il silenzio è colpevole anche perché non lascia capire”.

E’ stata la serata di Roberto Saviano, ospite di Fabio Fazio a “Che tempo che fa”. “Si pensa che l’essere minacciato sia una corona data dalla camorra per un merito ma non è un merito. Non è un merito, cercano di colpire me perchè con altri non riescono”.

Il silenzio e la diffamazione sono armi terribili in mano alla camorra e l’ordigno adatto per combatterli è quello della parola. E Saviano ha scelto di parlare a lungo e con cruda chiarezza. Lui stesso si è definito una “operazione mediatica”, nata e portata avanti perchè si conoscano gli orrori della camorra e si capisca che riguardano tutti. Il suo “sogno” è che la lotta alla criminalità organizzata diventi una vera e propria moda. E’ quello che “i grandi editori, le televisioni, trovassero un punto comune, anche conveniente. Perchè non creare una moda?”.

Lo scrittore ha parlato anche delle minacce della camorra. “Non immaginavo che sarebbe andata così - ha detto -. Pensavo che sarebbe durata poco, sono tre anni ed è pesantissimo”.

E nel ringraziare “tutte le persone che mi scrivono, nel ringraziare tutti per quello che è stato fatto per me”, cita le parole di Kennedy quando diceva “perdonare sempre dimenticare mai”.

“Io - ha detto Saviano - non dimenticherò mai quello che di bene mi è stato fatto”. Ha ringraziato i paesi che lo hanno ospitato, “la Spagna, Parigi, Israele ma non ringrazio chi mi ha rifiutato la casa, gli amici che hanno liquidato la mia causa come se me la fossi cercata”.

“Mi dà fastidio l’accusa di essermi arricchito. Sono i lettori che mi danno la possibilità di vivere e pagare gli avvocati”. E ha citato una frase di Biagi: “Sei arrivato davvero quando fanno un falso del tuo libro e ti accusano di plagio’ e io ce li ho tutti e due”.

“Questa battaglia non è la mia battaglia ma la battaglia di molti e va anche bene se per una volta succede il miracolo che grandi interessi economici si fondano con l’interesse del paese, che grandi editori di libri, televisivi, si uniscano per combattere la camorra”.

“Che tempo fa, questa sera, è durato fin oltre le 23. Nella seconda parte, due grandi scrittori come l’americano Paul Auster e l’israeliano David Grossman, hanno discusso con Saviano riconoscendo un valore enorme a Gomorra: “E’ scritto benissimo - ha detto Auster - E’ esploso come una bomba e ha costretto tanta gente in tutto il mondo a guardare dentro il fenomeno camorra. Anche tanti che non ne sapevano nulla o pensavano fosse una cosa locale italiana”.

(25 marzo 2009) Tutti gli articoli di cronaca


“E pensare che erano solo 5.000 copie”

Marzo 25, 2009 by admin · Comment
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Parla Roberto Saviano: “Le mie storie parlano di denaro, di donne
di potere senza regole. Di vita e morte. Sono temi che riguardano tutti”

di LEOPOLDO FABIANI

 

“I Soprano. Quante volte in giro per il mondo la gente faceva la fila per venire ad ascoltare chi raccontava i mafiosi veri, che loro conoscevano attraverso la serie tv. Anche questo aiuta”. Roberto Saviano scherza fino a un certo punto su uno dei tanti motivi che possono spiegare quello che lui chiama “Il miracolo”, vale a dire l’incredibile successo di Gomorra (due miloni di copie vendute in Italia e altrettante all’estero).
articoli correlati
Tuitte e due le vittime erano pregiudicati. Il primo, Stefano Falco, 19 anni è stato ucciso a Qualiano. Il secondo, Aldo Vuolo, trovato morto a Castellamare di Stabia

Due agguati in poche ore due morti nel Napoletano

NAPOLI - Due agguati con due morti a distanza di poche ore nel Napoletano. Il cadavere di un pregiudicato di 19 anni, Stefano Falco, è stato ritrovato in serata all’interno di una vettura in località Pozzo Nuovo, nel comune di Qualiano (Napoli). L’uomo, originario di Mugnano (Napoli), era considerato vicino al clan Pianese. E’ morto ucciso da colpi di arma da fuoco. Secondo una prima ricostruzione dell’omicidio, Falco si trovava da solo in auto quando è stato avvicinato da due o tre killer che hanno aperto il fuoco. Il diciannovenne è riuscito a scendere dalla vettura, tentando la fuga a piedi ma è stato raggiunto dai colpi ed è morto. L’omicidio si inserirebbe nella faida interna al clan Pianese che sta insanguinando da diversi mesi Qualiano.

Passano poche ore e un altro pregiudicato, Aldo Vuolo, ritenuto dagli inquirenti vicino al clan D’Alessandro, è stato trovato ucciso dopo un agguato a Castellammare di Stabia, in provincia di Napoli.

fonte: Repubblica.it

Saviano, come è nato il caso Gomorra?
“La prima tiratura era di 5.000 copie, comprese le 500 per la stampa. Poi il passaggio televisivo da Daria Bignardi mi ha portato in classifica al decimo posto. E molto si deve agli editori stranieri che hanno comprato il libro prima del risultato italiano. Una specie di “marchio di qualità” sul mercato di casa nostra”.

Perché tanto interesse all’estero?
“Perché su questi argomenti c’è una grande domanda non soddisfatta del pubblico internazionale. I libri italiani sulla criminalità organizzata sono in genere per un pubblico molto ristretto e qualificato di esperti. Gomorra invece parla a tutti”.

Perché è un romanzo? Quanto ha contato per il successo la formula della “no fiction novel”?
“Ho seguito il metodo più rigoroso, anche per evitare accuse di imbastire speculazioni. Il montaggio, lo stile, sono romanzeschi, i fatti raccontati sono tutti veri. I nomi non sono cambiati. Sono stato a Scampia otto volte, nel libro diventano una sola. La storia del sarto nella realtà si svolge in un mese, nel libro in un solo giorno. Ma è tutto autentico”.

Tutto documentato negli atti giudiziari?
“Quando non ho documenti, non avanzo ipotesi, ma passo all’analisi, come nel caso delle responsabilità dei politici. Anche qui, non ho voluto “buttarla in politica”. Io descrivo l’imprenditore criminale che inquina i processi politici istituzionali, di qualunque partito siano gli assessori, i sindaci ecc. E infatti il libro è stato apprezzato a sinistra e a destra”.

Gomorra, è stato detto anche per il film, “infanga” l’immagine dell’Italia.
“Questa è un’accusa che proprio non concepisco. Dico in continuazione che il problema è internazionale, comune a tutto il mondo. Lo stesso appproccio si trova nella Mumbay raccontata da Suketu Mehta in Maximum City (Einaudi) e nel Libano di Ron Leshem (Tredici soldati, Rizzoli). Soprattutto, come si fa a sostenere che chi danneggia il proprio paese è chi denuncia i misfatti e non chi li commette?”.

Come è cambiata la sua vita dopo questo libro?
“Le minacce mi costringono da tre anni a una vita infame, cinque uomini di scorta, spostamenti continui, attacchi da tutte le parti. E negli stessi tre anni ho vissuto quello che uno scrittore in genere vive in una vita intera. Sono stato un letterato esordiente apprezzato dai critici, un caso letterario, un autore di best seller visto con sospetto. E ho potuto incontrare e conoscere persone, che erano parte della mia formazione di ragazzo, un grande privilegio”.

Tutto perché ha acceso i riflettori su Casal di Principe, un paese che prima nessuno conosceva.
“Sì, ma se questo interessa tutto il mondo è perché attraverso il crimine si racconta il funzionamento dell’economia di oggi. E poi perché non c’è manicheismo, non c’è ideologia o posizioni politiche precostituite. In Gomorra ci sono i soldi, la voglia di conquistare il successo, le donne, il potere senza regole, la vita e la morte. Storie universali se raccontate in un certo modo. Per questo io ho grande rispetto per la forza religiosa della parola letteraria”.
(25 marzo 2009) Tutti gli articoli di cronaca


http://www.youtube.com/watch?v=vE6hBCbjSWA

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