Il Ministro Riccardi convoca il Comune di Giugliano per sistemazione di 500 Rom sgomberati più volte

Ottobre 11, 2012 by admin · Comment
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COMUNICATO STAMPA “COMITATO CAMPANO CON I ROM”
Il Ministro Riccardi convoca il Comune di Giugliano per
sistemazione di 500 Rom sgomberati più volte

In riferimento a nostro precedente Comunicato in data 4
ottobre 2012 riguardante l’ennesimo sgombero da parte delle forze
dell’ordine alle ore 5 del mattino di 500 Rom - con donne e 300
bambini infreddoliti e seminudi - da terreni provvisoriamente
occupati alle spalle del Parco commerciale Auchan dopo un precedente
sgombero estivo, senza prevedere alcuna alternativa di sistemazione
in altri luoghi dell’area. Da quella data questi gruppi hanno vagato
nella campagna, sgomberati per lo meno un decina di volte senza
resistenza da terreni occupati giornalmente, senza alcun intervento
da parte delle istituzioni, specialmente del Comune di Giugliano, e
della stessa popolazione giuglianese, In questo inaudito peregrinare
sono stati al fianco solo alcuni volontari del nostro Comitato
cercando di propria iniziativa altre sistemazioni possibili.

In occasione di un Consiglio comunale nella data di ieri
dedicata alla questione, siamo venuti a conoscenza di una
comunicazione del Ministro per la Cooperazione internazionale e
l’integrazione prof. Andrea Riccardi, che ha convocato in data lunedì
15 ottobre il Sindaco di Giugliano e l’assessore al welfare per
spiegazioni e la ricerca di soluzioni per sistemazioni civili di
questa minoranza etnica dimorante nel Comune da più di venti anni. In
adempimento della strategia nazionale di inclusione di Rom, Sinti e
Camminanti anche sul nostro territorio. Continueremo a vigilare ed
accompagnare questa popolazione per il riconoscimento di diritti
fondamentali, base di ogni strategia di inclusione.

A nome del Comitato Campano con i Rom
ALEX ZANOTELLI, DOMENICO PIZZUTI

Ernesto Balducci - TEOLOGIA DELLA LIBERAZIONE

Settembre 24, 2012 by admin · Comment
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Roberto Ruffilli Colpire il Pensiero - parte 2

Settembre 1, 2012 by admin · Comment
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IN RICORDO DI GIULIO GIRARDI

Agosto 27, 2012 by admin · Comment
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Giulio Girardi è un “altro grande amico” che qualche
mese fa ha concluso la sua giornata terrena.
Sacerdote salesiano, già ordinario nella Pontificia
Università Salesiana di Roma e perito del Concilio Vaticano
II venne poi estromesso dalle università cattoliche e poi dalla
Congregazione Salesiana tra la fi ne degli anni Sessanta e gli
inizi degli anni Settanta; Giulio GirardiI non si è mai arreso
e malgrado le sofferenze infertegli da questi provvedimenti
e ultimamente da quelle fi siche di questi ultimi anni, ha
continuato ad agire ed a pensare con coerenza e trasparente
chiarezza per i suoi ideali.

Giulio Girardi, infatti fu autore del dialogo con il
marxismo e del rapporto tra cattolici e comunisti in Italia;
successivamente incentrò le sue ricerche sulle emarginazioni
e sulle condizioni degli ultimi e degli oppressi diventando
studioso profondo della teologia della Liberazione e, mettendo
insieme studio e impegni concreti, volle essere un testimone ed
un promotore di queste idee come dimostrano le numerose e
lunghe permanenze nell’America Latina a fi anco di coloro che
combattevano e combattono per le affermazioni delle libert
fondamentali dei loro paesi.

Il Tetto, che ha avuto la possibilità di pubblicare alcuni suoi
contributi e di recensire diverse sue opere, si associa a quanti
ricordano la sua persona, mettendo in luce il valore della sua
testimonianza civile e cristiana, il suo impegno culturale, la
fedeltà al dialogo e al confronto che nessuna censura curiale
ed ecclesiastica ha potuto scalfi re o ridurre, il che costituisce
oggi più che mai un esempio per tutti.

A Giulio Girardi perciò diciamo con commozione e
partecipazione “arrivederci e non addio” sia perché non lo
dimenticheremo, ma anche perché crediamo, come lui, di
essere tutti “resurrecturi” in forza della Incarnazione, Passione,
Morte e Resurrezione di Cristo.
Pasquale Colella


Roberto Ruffilli Colpire il Pensiero - parte 1

Agosto 26, 2012 by admin · Comment
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REGIONE CAMPANIA - Stella Cervasio:Lo sfogo degli esclusi ‘Non siamo zavorra Caldoro ci rimpiangerà‘

Maggio 28, 2010 by admin · Comment
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rassegna stampa
Repubblica — 27 maggio 2010

C’ è chi torna alla vecchia amministrazione.
E chi invece a casa.
Chi annuncia che adirà le vie legali.
E chi pensa a un futuro che doveva cominciare tra sei mesi, e invece è già qui. Nel tardo pomeriggio il decreto dei tagli del governo li raggiunge ancora in ufficio oppure dalla rete, direttamente sul computer portatile.
È la fine di un’ agonia. «In fondo è meglio uscire dall’ apnea - dice uno dei trenta dirigenti-consulenti della Regione che non vuole essere citato («In questo momento siamo tutti sotto la lente di osservazione») - ci sto da giorni.
Io so dove tornare, un lavoro ce l’ ho.
Per altri a cui Santa Lucia ha dato il benservito, e che hanno lavorato da cinque a nove anni in questa amministrazione, non sarà facile riciclarsi.
Resteranno senza lavoro per chissà quanto».
Il nervosismo nelle ultime ore era arrivato alle stelle.
Ieri mattina è saltata una riunione con la commissione di Bruxelles, rinviata di un mese.
C’ erano anche i dirigenti esterni e tutti erano visibilmente contrariati, uno di loro ha avuto un diverbio con un capoarea e ha rinunciato a presenziare alla seduta informale.

«Il decreto? E dove lo trovo per leggerlo?», domanda Carlo Neri, funzionario di Bruxelles prima della nomina a top manager regionale con stipendio da 196 mila euro.

«Prima di parlare sarebbe più serio sapere di che cosa si tratta». Ma tutto era già stato anticipato. Si chiama ricambio politico di classe dirigente.
L’ effetto immediato sarà il blocco di tutti i procedimenti che i dirigenti esterni hanno avuto in corso fino a ieri pomeriggio. Nel settore delle attività produttive saranno sospesi gli aiuti alle aziende. In quello dell’ università i bandi aperti e così via. «Si è sempre detto che fra noi trenta c’ era della zavorra - dichiara un altro dei dirigenti esterni -.
Ma se una decina non meritava granché e un’ altra decina arrancava, un terzo del totale era fatto di tecnici puri, che hanno contribuito all’ avanzamento di questa amministrazione».

Su qualcuno, come Enrico Tedesco, laureato in Teologia che era stato assegnato al settore della Sicurezza, c’ è addirittura rimpianto per chiara fama: «In Regione non c’ è uno più esperto della materia», commenta un collega che aveva avuto un contratto di settore quattro anni fa.
Gli eliminati dal decreto aggiungono che non sarà il taglio dei loro stipendi a far risparmiare soldi alla Regione.
Dall’ altra parte ci sonoi boatos degli interni.
Sono i dirigenti che negli ultimi cinque anni si sono sentiti messi da parte dalla scelta di chiamare esperti da fuori.

Se non esultano, poco ci manca, commenti al veleno dipingono gli esterni come «non aventi titolo», non ammessi al concorso per dirigenti che sarebbero usciti dalla porta per rientrare dalla finestra grazie alle nomine salvifiche.
«La cosa più triste - dice uno dei trenta che non si rassegna alla vecchia regola dello spoil-system - è che non vieni valutato per il lavoro che hai fatto, ma per una pseudoappartenenza a un’ area politica, che poi non vale nemmeno per tutti.
Il problema di sempre è come si selezionano le classi dirigenti».
Ora a Caldoro commissario alle sue stesse finanze e a quelle pregresse, toccherà mettere mano anche nella cultura, uno dei settori chiave dell’ amministrazione Bassolino e che stava più a cuore all’ ex governatore.
È di pochi giorni fa la riunione nel corso della quale il capo di gabinetto di Caldoro ha chiesto chiarimenti sulla delibera di riprogrammazione della cultura, quella già impugnata davanti al Tar dai musei minori della Campania.

A due giorni dalle elezionii 20 milioni di euro dati al Teatro Festival raddoppiavano, e i 10 del Madre triplicavano,
mentre una non nominata società in house di Santa Lucia prendeva 10 milioni.

La riunione è servita solo ad accendere uno spot su questi finanziamenti, ogni decisione è rinviata. Mancava infatti la parte più importante per finanziare teatro, museo e società: la delibera di spesa.
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VINCENZO DE LUCA VOLA ALTO

Marzo 22, 2010 by admin · Comment
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LE RAGIONI POLITICHE DI DE LUCA…….CALDORO? PASTORELLO DI S.GREGORIO ARMENO

Tanto ironico quanto polemico,
Vincenzo De Luca, candidato del centrosinistra alla presidenza della Regione Campania, durante il suo comizio in piazza del Plebiscito non ha risparmiato stoccate al suo avversario, Stefano Caldoro, candidato del Pdl: “un Pastorello di San Gregorio Armeno”.

E poi battute sul presidente della Provincia di Napoli, Luigi Cesaro, “un oltraggio alla biologia, uno sterminatore dei congiuntivi, uno che viene chiamato ‘Gigino la polpetta’”.

De Luca ha invitato Caldoro al confronto, “sia domani che lunedì, quando vuole, e si porti pure Emilio Fede”. ”
Per qualche settimana non l’ho visto, pensavo fosse passato dallo stato solido a quello gassoso.
E poi è sempre con qualche balia, ora Cosentino, ora la Carfagna”. “Per non parlare di giovedì, che tenerezza, l’ho visto accanto a Berlusconi, immobile, come un pastorello di Capodimonte, di San Gregorio Armeno”.
“E voi volete che siano loro il rinnovamento? - ha detto poi rivolgendosi alla platea - Il rinnovamento dovrebbe essere rappresentato da Luigi Cesaro che definirlo essere umano è un oltraggio alla biologia?
Sono stato a Sant’Antimo (la città di Cesaro, ndr) di lui hanno detto tante cose e che lo chiamo Gigino la polpetta. Una vergogna dare la Regione nelle loro mani”. Poi un ultimo passaggio per Caldoro: “Si può dire a lui quello che diceva Churchill di un suo avversario. E’ arrivata una macchina davanti al Parlamento, si è aperta la portiera, non è sceso nessuno. Era Caldoro”.
fonte
ANSA


L’Italia condannata dalla Ue per l’emergenza rifiuti in Campania

Marzo 4, 2010 by admin · Comment
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un deficit strutturale di impianti
Non ha adottato tutte le misure necessarie allo smaltimento mettendo in pericolo salute e ambiente

NAPOLI - L’Italia non ha adottato tutte le misure necessarie allo smaltimento dei rifiuti nella regione Campania. Tale situazione ha messo in pericolo la salute umana e recato pregiudizio all’ambiente. Lo ha sentenziato oggi la Corte di Giustizia UE sottolineando che per questo l’Italia e’ venuta meno agli obblighi previsti dalla Direttiva Rifiuti. La normativa europea in materia ha l’obiettivo di proteggere la salute umana e l’ambiente e stabilisce che gli Stati membri «hanno il compito di assicurare lo smaltimento e il recupero dei rifiuti, nonché di limitare la loro produzione promuovendo, in particolare, tecnologie pulite e prodotti riciclabili e riutilizzabili. Essi devono in tal modo creare una rete integrata ed adeguata di impianti di smaltimento, che consenta all’Unione nel suo insieme e ai singoli Stati membri di garantire lo smaltimento dei rifiuti».

Se uno Stato membro, come nel caso di specie l’Italia, rileva la Corte, ha scelto di organizzare la copertura del suo territorio su base regionale, ogni regione deve allora assicurare il recupero e lo smaltimento dei suoi rifiuti il più vicino possibile al luogo in cui vengono prodotti sulla base del criterio di prossimità. Nella regione Campania, «’i quantitativi ingenti di rifiuti ammassati nelle strade, nonostante l’assistenza di altre regioni italiane e delle autorità tedesche, dimostrano un deficit strutturale di impianti, cui non e’ stato possibile rimediare. L’Italia ha peraltro ammesso che, alla scadenza del termine stabilito nel parere motivato, gli impianti esistenti e in funzione nella regione erano ben lontani dal soddisfare le sue esigenze reali”. Inoltre, secondo i giudici, «né l’opposizione della popolazione, né gli inadempimenti contrattuali e neppure l’esistenza di attività criminali costituiscono casi di forza maggiore che possono giustificare la violazione degli obblighi derivanti dalla direttiva e la mancata realizzazione effettiva e nei tempi previsti degli impianti».

Per questo la Corte conclude che l’Italia, «non avendo creato una rete adeguata ed integrata di impianti di recupero e di smaltimento dei rifiuti nelle vicinanze del luogo di produzione e non avendo adottato tutte le misure necessarie per evitare di mettere in pericolo la salute umana e di danneggiare l’ambiente nella regione Campania, è venuta meno agli obblighi che le incombono in forza della direttiva Rifiuti»

fonte
corriere del mezzogiorno


Questi rubano ancora peggio di Dc e Psi

Febbraio 17, 2010 by admin · Comment
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Da il Fatto Quotidiano del 14 febbraio
rassegna stampa

di Giorgio Bocca: forse le persone stanno iniziando a stancarsi
intervista di Marco Travaglio

Giorgio Bocca, lei ha appena scritto Annus Horribilis (Feltrinelli): ma si riferivaal 2009. Il 2010 si annuncia ancora più horribilis…
Vedremo. Il 2009 mi è sembrato il più orribile per una tendenza irresistibile alla democrazia autoritaria. Più Berlusconi ne combinava di cotte e di crude, più i sondaggi lo premiavano. Ora, con questi ultimi scandali,la gente potrebbe cominciare a stancarsi e capire qualcosa.
Quindi c’è speranza?
Non esageriamo. Qualche barlume. E’ come all’inizio della guerra partigiana, ma allora ero giovane e forte dunque fiducioso. Ora sono vecchio e fragile, mi è più difficile essere ottimista. La cecità degli italiani mi ricorda la Germania all’ascesa di Hitler: tutti potevano vedere che tipo era, Hitler, eppure i tedeschi, e anche gli europei, gli cascarono tra le braccia come trascinati da un vento ineluttabile.
Che cosa la spaventa di più?
Il muro di gomma. Succedono cose terribili, o terribilmente ridicole, e nessuno reagisce. Lanci allarmi, provocazioni anche forti, e non risponde nessuno. Come dicono i giudici dello scandalo Bertolaso? “Sistema gelatinoso”. Ecco, è tutto gelatinoso. Non resta che sperare, come sempre nella nostra storia, in qualche minoranza coraggiosa che cambi la storia.

Che cosa la colpisce di più negli ultimi scandali?
La loro incomprensibilità. Leggo la confessione di questo consigliere comunale di Milano beccato con la tangente in mano: “Mi sono rovinato per 5 mila euro”. O è un pazzo incapace di ragionare, o faceva sempre così. Almeno Berlusconi ha le sue giustificazioni: è ricco sfondato, ha ville dappertutto. Almeno Tangentopoli era un sistema di corruzione che portava almeno una parte dei soldi ai partiti: una logica, sia pure perversa e criminale, c’era. Ma qui i partiti non ci sono più. E questi si vendono in cambio di qualche massaggiatrice, di qualche viaggio gratis, di pochi spiccioli…La corruzione dilaga a tal punto che c’è gente che ruba senza nemmeno sapere il perché.

Anche Tangentopoli, 18 anni fa, partì da una mazzettina di 7 milioni a Mario Chiesa.

Andai a intervistare Borrelli e gli domandai perché i magistrati fossero riusciti a scardinare il sistema così tardi. Mi rispose che la magistratura in Italia riesce a incidere nel profondo solo quando nella società c’è un grande allarme, quando si accende una grande luce. Oggi la luce non si accende, non ancora. Ce ne sarebbero tutti i presupposti, la corruzione ci costa decine di miliardi all’anno, siamo in fondo alle classifiche di tutti gli indicatori civili, scavalcati anche da metà del Terzo Mondo, eppure tutto va ben madama la marchesa.

Possibile che, in Italia, le classi dirigenti non riescano a smettere di rubare?
Quando esplose Tangentopoli, a costo di essere frainteso, dissi che i gerarchi fascisti rubavano molto meno dei democristiani e dei socialisti. Arrivai a elogiare i “barbari” della Lega che ce li avevano tolti dai piedi. Ora questi rubano ancor più della Dc e del Psi. E lo fanno alla luce del sole, con trucchetti da ciarlatani: invitiamo i capi del mondo al G8 e buttiamo centinaia di milioni. Ma non possono farsi una telefonata, i capi del mondo?

Paolo Mieli dice che sta per saltare il tappo, come nel ’92.
Eh eh, Mieli è un mielista, furbo ma intelligente. Siamo in attesa della grande luce di Borrelli. Forse Berlusconi finirà per stancare, ma siamo ancora all’accecamento della morale: quegli imprenditori che si fregano le mani per il terremoto dicono che la febbre del denaro è ancora alta. E’ come nella Bibbia: Mosè che scende dal Sinai con le tavole della legge e trova gli ebrei che festeggiano attorno al vitello d’oro. Noi li abbiamo superati.

Che idea si è fatto di Bertolaso?
Non credo che abbia rubato di suo, ma che abbia lasciato rubare gli altri. Quando si vuol fare tutto in fretta, si aboliscono i controlli e succede di tutto. L’ha perduto la vanità: si credeva Superman, uno che va a dare lezioni agli americani…Non era difficile capire cosa succedeva. Se gli italiani fossero raziocinanti gli avrebbero impedito di buttare i soldi in tante opere inutili.

Forse, con più informazione e più opposizione, sarebbe più facile ribellarsi.
La cosa più deprimente è la lettura dei giornali, per non parlare della televisione. La nostra democrazia diventa autoritaria anche perché ci sono giornalisti comprati con prebende e privilegi, ma soprattutto terrorizzati. Incontro colleghi, si finisce per parlare di quel che combina Berlusconi, e quelli cambiano subito discorso. Se diventi nemico, sei segnato. Tu ce l’hai spesso col Corriere: credo che la carta stampata sia rimasta democratica, ma ha paura di lui. Si inventa di tutto, pur di parlar d’altro: chiamano ‘terzismo’ il doppiogiochismo. Dicono persino che, a parlar male di Berlusconi, si fa il suo gioco. Ma a chi la danno a bere?
Lei guarda molta televisione?
Sì, ho il gusto dell’orrido. E’ una galleria di mostri. Non riesco a levarmi l’incubo di Feltri, Belpietro, quel Sallusti…E le facce di Ghedini, di Brunetta…Quando li critichi, ti rispondono che sei un vecchio arteriosclerotico. Ma come si fa a diventare così?

La beatificazione di Craxi, i dossier su Di Pietro e ora l’immunità parlamentare d’accordo col Pd.
Beh, è tutto collegato. E’ la complicità fra colpevoli delle due parti. Di Pietro lo attaccano perché ha il merito di essere l’unica opposizione. Craxi piace tanto a questa destra e a questa sinistra per due motivi: intanto perché era un corrotto, e poi perché, con l’idea della Repubblica presidenziale, ha dato un’ideologia alla democrazia autoritaria che questi selvaggi di oggi inseguono ma non riescono nemmeno a teorizzare. Questa democrazia malata la dobbiamo pure a questa sinistra alla D’Alema che collabora da 15 anni con Berlusconi. Hanno capito che, se non partecipano in qualche modo alla sua greppia, non campano più.

Dicono che non bisogna attaccarlo, che i problemi sono altri.
E quando ne parlano, degli altri problemi? Allora almeno parlino male di un aspirante tiranno, no? Prima avevamo i Bobbio, i Foa, ora che fine han fatto gli intellettuali di sinistra? Possibile che non nascano più persone intelligenti?

Violante si spende molto per l’immunità parlamentare, dice che la magistratura non deve scalare il trono del principe.
Perché lo fa? Boh, vorrà fare carriera anche lui. Che personaggio viscido, non lo sopporto.

Il presidente Napolitano non le pare troppo condiscendente?
Va considerato nella sua biografia. E’ sempre stato un comunista prudente. Vuole durare, e non so se sia un bene o no. Ogni tanto tira un colpetto, ma chiedergli di fare l’eroe è troppo.

Che speranza abbiamo?
Che la gente si accorga del suicidio di farsi governare da uno abilissimo a fare soldi: quello i soldi, invece di darteli, te li porta via. Che gli italiani si vergognino almeno per le sue cadute di stile, tipo gli sghignazzi sulle belle ragazze mentre parla del dramma degli immigrati col presidente albanese. Che capiscano come un minimo di decenza e legalità è meglio di questa anarchia lurida. Non dico la virtù, l’onestà: un po’ di normalità e di civiltà. L’unica bella notizia degli ultimi anni è il popolo viola, spero che le prossime manifestazioni siano ancora più massicce e visibili. Se si ribellano i ragazzi, non tutto è perduto.

LETTERA SUL LAVORO di Pietro Ichino

Febbraio 8, 2010 by admin · Comment
Filed under: LAVORO 

rassegna stampa
fonte - corriere della sera
Un lusso anche i contratti di serie B Nessuno pensa al Welfare dei figli

Caro Direttore, il ministro Renato Brunetta ha molta ragione quando avverte che il diritto del lavoro, e in particolare l’articolo 18 dello Statuto del 1970, oggi si applica soltanto ai padri e non ai figli. Gli italiani, però, hanno diritto di sapere che cosa il ministro propone seriamente— e non soltanto con una battuta in un talk show —per superare il regime di apartheid che penalizza la nuova generazione di lavoratori.

È vero: da anni, ormai, a un ventenne o trentenne che cerca lavoro in Italia le aziende offrono di tutto, tranne che un rapporto di lavoro regolare. E anche un rapporto di lavoro di serie B —«a progetto», o comunque a termine— è già considerato, in molte situazioni, un privilegio difficilmente ottenibile, rispetto alla «normalità», costituita dal lavoro di serie C: stage semigratuiti in azienda tutto lavoro e niente formazione, assunzione con partita Iva per mansioni d’ufficio, di cantiere, di negozio, di call center, di magazzino, che erano tradizionalmente considerate come lavoro dipendente. Case editrici in cui da anni non si assume più un redattore o un correttore di bozze con un contratto normale di lavoro dipendente; case di cura private che formalmente non hanno alle proprie dipendenze neanche un solo medico, un solo infermiere, un solo barelliere: tutti a partita Iva, oppure soci di cooperative di lavoro a cui il servizio viene appaltato.

Stessa musica nel settore pubblico, dove ormai domina sempre più diffusamente l’«esternalizzazione» delle funzioni mediante cooperative e altri appaltatori, che utilizzano ogni forma di lavoro atipico. Accade pure che dopo un periodo più o meno lungo di anticamera anche un ventenne o trentenne finisca coll’ottenere l’agognato posto di lavoro stabile regolare; ma il punto è che il datore di lavoro ha di fatto la possibilità di scegliere che il lavoratore, anche se sostanzialmente dipendente, resti escluso dalla protezione regolare per decenni. In altre parole: il diritto del lavoro sta perdendo la sua natura di standard minimo di trattamento universale, per assumere la natura di un ordinamento eminentemente derogabile: chi vuole lo applica e chi non vuole no. Naturalmente, poi, quando viene la bufera, a pagare per primi sono sempre i non protetti: i 500 mila lavoratori italiani che hanno perso il posto nei mesi passati di recessione sono ovviamente quasi tutti di serie B e C. Dunque: il ministro fa bene ad aprire gli occhi su questa realtà, a riconoscere che il nostro mercato del lavoro e il nostro sistema di protezione sociale non sono affatto «i migliori del mondo», come egli stesso ci ha detto solo pochi mesi or sono. Ma deve anche dire quale è la sua diagnosi del fenomeno e quale la terapia che propone. Una cosa è certa: il problema non è soltanto di controlli e di repressione delle frodi. Controllo e repressione servono quando la violazione o elusione delle regole è un fenomeno marginale; quando invece— come oggi accade per il nostro diritto del lavoro —violazione ed elusione diventano un fatto normale su larga scala, è l’ordinamento stesso che deve essere rifondato. La disciplina italiana del rapporto di lavoro regolare è vecchia ormai di oltre quarant’anni. È stata scritta quando non esistevano né i computer, né Internet, ma neppure i fax e le fotocopiatrici; quando era normale che un giovane entrasse in un’azienda con la prospettiva di restarci per trenta o quarant’anni svolgendo la stessa mansione, più o meno con gli stessi strumenti e le stesse tecniche. Oggi il tempo di vita di una tecnica produttiva (ma anche di un prodotto o di un materiale) non si misura più in decenni, ma in anni o addirittura in mesi; le imprese nascono e muoiono con un ritmo incomparabilmente più rapido rispetto ad allora.

Così stando le cose, la sicurezza economica e professionale dei lavoratori non può più essere affidata al modello del «posto fisso». Ed è in larga misura inevitabile che le imprese facciano di tutto per eludere, nelle nuove assunzioni, una disciplina della stabilità del lavoro, come quella dettata dall’articolo 18 dello Statuto del 1970, che condiziona lo scioglimento del rapporto di lavoro per motivi economici od organizzativi a un controllo giudiziale che può richiedere due, quattro o sei anni; e al Sud anche otto o dieci. La soluzione, allora, non è togliere l’articolo 18 ai padri, ma riscrivere il diritto del lavoro per i figli, per le nuove generazioni; in modo che esso torni capace di applicarsi davvero a tutti i rapporti che si costituiranno da qui in avanti. E garantire davvero a tutti non l’impossibile «posto fisso», ma quella protezione contro le discriminazioni e quella rete di sicurezza nel mercato, da cui oggi la nuova generazione dei lavoratori italiani è per la maggior parte esclusa.


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